Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA VII
 
 GISMONDA e METILDE
 
 GISMONDA
 Si mostri ardir. Metilde.
 METILDE
 Gismonda, o dio! Vieni di vita o morte
 nuncia al mio cuore?
 GISMONDA
                                         (E ’l potrò dir?)
 METILDE
                                                                        Rispondi.
540Ne’ tuoi torbidi lumi
 nulla vegg’io che mi consoli ancora.
 GISMONDA
 
    Ne l’amor del tuo diletto
 certa sei del tuo piacer.
 
    Ambo lieti, ambo felici,
545ei nel tuo, tu nel suo affetto,
 preparatevi a goder.
 
 METILDE
 M’ama Odoardo? E ’l credo?
 GISMONDA
 Puoi dubitarne?
 METILDE
                                 O me felice! E voi (Alle guardie)
 ite a frangerne i ceppi e qui disciolto
550guidatelo, o custodi.
 GISMONDA
 Deh non perder invano
 ozio d’amore...
 METILDE
                              Eh, mia fedel! Gl’incendi
 chi può frenar? Troppo fia dolce a l’alma
 udirmi a confermar da quel bel labbro
555la mia felicità. Verrà egli a dirmi:
 «La vita che mi serbi
 consacro a te; son tuo, Metilde, e t’amo.
 Tu vivi in me, non io».
 Di sì teneri accenti
560o qual piacer m’invoglia e qual desio!
 GISMONDA
 Eccolo. (O numi!)
 METILDE
                                    (Cedi,
 importuno rossor).
 GISMONDA
                                      (Che avrà risolto?)
 METILDE
 (Felice è ben chi può baciar quel volto).