Gl’inganni felici, Venezia, Nicolini, 1696

 SCENA XIV
 
 ARBANTE e SIFALCE caduto
 
 ARBANTE
 
1250   Tosto il lino aprasi a’ venti.
 Sotto il pino frema l’onda,
 fugga il lito e a noi s’asconda...
 
 Ma che veggio! Qual sangue
 han bevuto l’arene! Orgonte, Orgonte.
1255Tu piagato! Tu estinto!
 Qual ferro osò cotanto! Ed impunito
 è ’l traditor fuggito!
 Ah cada pria l’empio uccisor esangue;
 poscia col pianto mio spargasi il sangue.
 SIFALCE
1260Deh mio Arbante.
 ARBANTE
                                    Mio prence.
 SIFALCE
 Questi ultimi miei prieghi
 non lasciar che sian vani.
 De l’uccisor rivale
 l’orme non inseguir. Viva egli in pace.
1265Aggiungi a la mia morte
 pene, se tu l’uccidi. Ah non lasciarmi
 ch’io passi la funesta
 riva di Flegetonte, ombra più mesta.
 ARBANTE
 M’è legge il tuo voler. Coraggio, Orgonte.