Lucio Papirio dittatore, Venezia, Pasquali, 1744 (Lucio Papirio)

 SCENA IV
 
 PAPIRIA, SERVILIO e poi MARCO FABIO
 
 PAPIRIA
 Deh, Servilio, d’un’alma prevenuta
585non t’irritin gli sprezzi.
 SERVILIO
 Me la nega la figlia? (Vedendo Marco Fabio, gli va incontro)
 Ragion mi farà il padre. A te già piacque
 ne’ suffragi del vulgo
 por la vita del figlio.
 MARCO FABIO
590Al popolo romano,
 maggior del dittatore,
 da Lucio e dal Senato io provocai.
 PAPIRIA
 Vano ah! sia mio timor, non tua pietade.
 MARCO FABIO
 Che ti spaventa?
 PAPIRIA
                                  Un troppo
595vilipeso tribuno.
 MARCO FABIO
 Servilio?
 SERVILIO
                    A lui non parve
 audacia alzar suoi voti
 a una figlia de’ Fabi.
 PAPIRIA
 Tal non parve a Rutilia.
600Riguardò con orror la fiamma accesa
 in un cor non patrizio.
 Unì sprezzi a ripulse, ingiurie a sprezzi.
 MARCO FABIO
 Non è in vergine figlia
 l’arbitrio de l’amor né del rifiuto.
605Fra quei che di Rutilia
 aspirano alle nozze,
 al migliore io la serbo.
 Fa il natal vari i gradi;
 la virtù gli fa eguali.
610Servilio, ora al tuo amore
 non fo divieti e non lusinghe. Quelli
 a te oltraggio farian, queste ad entrambi.
 Libero d’ogni affetto
 pesa il merto e l’error. Qualunque siasi,
615purché giusto il decreto,
 l’approverò, che non m’offende un retto
 giudizio e più del figlio amo le leggi.
 SERVILIO
 Degni sensi di te, di chi tre volte
 fu consolo di Roma e dittatore.
620Parto con più di pace.
 PAPIRIA
 (Ma tu pace non hai, povero core).
 SERVILIO
 
    Non dispetto, non speranza
 sedurrà la mia costanza
 sul destino del tuo figlio.
 
625   Ma del giusto e del dovere
 farò legge al mio potere,
 farò norma al mio consiglio.