Lucio Papirio dittatore, Venezia, Pasquali, 1744 (Lucio Papirio)

 SCENA XIII
 
 LUCIO PAPIRIO coi littori, uscendo dalla città, QUINTO FABIO, PAPIRIA e poi COMINIO
 
 LUCIO PAPIRIO
 Qui la sella curule. (Uno de’ littori porta la sella curule e l’apparecchia nel mezzo)
 PAPIRIA
325Padre e signor...
 LUCIO PAPIRIO
                                 Nel campo
 Papiria ancor?
 PAPIRIA
                              Se amore,
 se lagrime di figlia in cor di padre...
 LUCIO PAPIRIO
 Ove il giudice siede,
 il padre non ascolta; e a piè di giusto
330tribunal non s’accosta amor né pianto.
 Parti; e Quinto a me venga. (Siede)
 PAPIRIA
 Deh!...
 LUCIO PAPIRIO
                Resistenza irrita.
 PAPIRIA
 O dei! Fabio, mia vita. (Si ritira col fazzoletto agli occhi, incontrandosi con Quinto Fabio)
 LUCIO PAPIRIO
 Fabio, a quanto sol chiedo
335rispondi e nulla più.
 QUINTO FABIO
                                        Null’altro il labbro
 produrrà in sua difesa.
 LUCIO PAPIRIO
 Del dittator sommo è l’impero?
 QUINTO FABIO
                                                            È sommo.
 LUCIO PAPIRIO
 Consoli e quanti ha Roma
 militari ed urbani magistrati
340ubbidiscono a lui?
 QUINTO FABIO
                                     Senato e plebe
 questa a lui diero alta possanza.
 LUCIO PAPIRIO
                                                            Al solo
 mastro de’ cavalieri
 lecito fia disubbidirlo impune?
 QUINTO FABIO
 No, ma quando...
 LUCIO PAPIRIO
                                  Non farti
345reo di nuovo delitto.
 Dimando; a che d’Imbrinio
 partii dal campo?
 QUINTO FABIO
                                   A consultar gli auspici.
 LUCIO PAPIRIO
 Questi incerti o infelici,
 tentar l’armi io dovea?
 QUINTO FABIO
350Frale è poter senza il favor de’ numi.
 LUCIO PAPIRIO
 Nel partir che t’imposi?
 QUINTO FABIO
 Di non pugnar.
 LUCIO PAPIRIO
                               Che festi?
 QUINTO FABIO
 Provocato pugnai.
 LUCIO PAPIRIO
                                    Più de’ Sanniti,
 gli auspizi, i sacri riti,
355il grado mio, l’antica
 militar disciplina
 son per tua colpa, o Fabio,
 in eccidio, in ruina.
 QUINTO FABIO
 La vittoria m’assolve...
 LUCIO PAPIRIO
360Non è giusta discolpa
 un dono della sorte;
 né lascia d’esser colpa
 una colpa felice.
 Disubbidisti, iniquo, e n’avrai morte.
 QUINTO FABIO
365Quella, a cui mi condanni,
 morte ingiusta, o signor, son troppo avvezzo
 fra cento aste a sfidar per non temerla.
 Venga ella pur. M’è pregio
 meritarla così. Te furor move,
370te cieca invidia, non ragion, non legge.
 Ciò che il tuo non poté, fece il mio braccio.
 Sono reo perché vinsi,
 non perché combattei. Che più faresti,
 me perdente e sconfitto?
375Roma salvai. Tu nol volevi. Io ’l feci.
 Errato avrei, se non avessi errato.
 Dittator, l’ubbidirti,
 fino a perder vilmente
 la sicura vittoria,
380era un tradir la patria e la mia gloria.
 LUCIO PAPIRIO
 Per veder sino a dove
 si stendesse il tuo orgoglio,
 tacqui e soffrii; ma del supplizio a vista,
 non so se tanto avrai, giovane audace,
385di ferocia e d’ardire.
 Accostati, o littor.
 QUINTO FABIO
                                   Più che la fama,
 facile a te sarà tormi la vita.
 LUCIO PAPIRIO
 L’una e l’altra, o malvagio,
 che virtù non fu mai morir per colpa.
 PAPIRIA
390Ma Fabio non morrà, quando con lui
 tu a morir non condanni anche la figlia.
 COMINIO
 E con lui tu non perda il campo tutto.
 La sua causa è comun.
 LUCIO PAPIRIO
                                           Sedurmi ancora
 si vuole e intimidirmi? Olà, che mora.
 QUINTO FABIO
395Sì, ma non tra’ littori;
 quelle son le romane invitte schiere.
 Cadrò là da guerrier, cadrò da forte;
 e là per tuo comando
 mi venga, o Lucio, ad assalir la morte.
 
400   Se vuoi ch’io cada esanime,
 per Roma e fra’ nimici,
 me le tue furie ultrici
 condannino a morir.
 
    Là intrepido ed invitto,
405trovar saprò una morte
 che pena al mio delitto
 e gloria dia al mio ardir. (Si ritira fra’ soldati)