Lucio Papirio dittatore, Venezia, Pasquali, 1744 (Lucio Papirio)

 SCENA VIII
 
 SERVILIO e RUTILIA
 
 SERVILIO
 Infelici trionfi!
 Misero Fabio!
 RUTILIA
                             Onde il tuo duol?
 SERVILIO
                                                               Dall’ira
 del dittator. Vede il divieto infranto;
 e il trasgressor minaccia.
 RUTILIA
200Lo salverà la sua vittoria.
 SERVILIO
                                                Spinto
 dal suo furor, già sen va Lucio al campo
 e al vincitor, d’amplessi invece o premi,
 reca verghe e mannaia.
 RUTILIA
 No, le teste de’ Fabi
205riserbate non sono a scure infame.
 SERVILIO
 Io ne tremo per lui; l’amor che ho in petto
 d’ogni fortuna tua mi chiama a parte.
 RUTILIA
 Tribuno della plebe,
 né cotesta pietà chieggio al tuo core
210né cotesto tuo amore.
 SERVILIO
 Così non parlerebbe
 il tuo fasto, o Rutilia,
 a militar tribun.
 RUTILIA
                                 Che?
 SERVILIO
                                             Non han tutti
 l’onor d’esser Comini e d’esser Fabi.
 RUTILIA
215A’ Fabi ed a’ Comini empie le vene
 sangue patrizio; e sofferir non deggio
 che d’amor mi favelli
 un popolar tribuno, un uom plebeo.
 SERVILIO
 Uom plebeo ma che vanta
220tra le fumose immagini degli avi
 e consoli e pretori,
 plebeo ma la cui gente
 co’ Valeri è congiunta e co’ Metelli.
 E quello ch’io sostengo
225popolar tribunato
 è tal che lo rispetta,
 più di Rutilia assai, Roma e il Senato.
 RUTILIA
 E ben, poiché cotanto
 del tribunato tuo ti gonfi e onori,
230cerca, ma fuor de’ Fabi,
 più degno oggetto a’ tuoi superbi amori.
 
    A rader nato il suolo,
 spiega troppo arduo volo
 il tuo superbo cor.
 
235   Ma in faccia al maggior lume
 vi struggerà le piume;
 e a lui cadendo d’alto,
 se fia più gloria il salto,
 sarà più pena ancor.