Lucio Papirio dittatore, Venezia, Pasquali, 1744 (Lucio Papirio)

 SCENA VI
 
 COMINIO seguito dal popolo e le suddette
 
 COMINIO e il POPOLO
 
100   Viva Fabio, viva, viva.
 
 RUTILIA
 Del giubilo comun l’ultime a parte
 noi saremo, o Cominio?
 COMINIO
 Vinti sono i Sanniti e Fabio ha vinto;
 e pria che manchi il giorno,
105abbraccerai, cinto di lauro il crine,
 tu il fratel, tu lo sposo.
 PAPIRIA
 Oggi in Roma, in trionfo
 rivedrò Fabio? E sarà vero? O gioia!
 RUTILIA
 Or va’; credi a’ tuoi spettri.
110Eran quei che sognasti
 l’ombre infelici de’ nimici estinti.
 PAPIRIA
 Qual fu la pugna? La vittoria? Il core
 più gode allor che più conosce il bene.
 COMINIO
 Disposte le nostre armi
115erano al gran conflitto. Infausti o dubbi
 diè il pullario gli auguri.
 Temé Lucio gli dii.
 RUTILIA
                                     Venne e placolli.
 COMINIO
 Quinto a regger le schiere
 rimase. Avea divieto
120né ardia pugnar. Fiero il nimico intanto
 ci provoca, c’insulta.
 Ordin non ha, non legge.
 Lontano il dittator, crede il superbo
 che più nel nostro campo
125non sien romani o sien rimasi i vili.
 PAPIRIA
 Nimico, che non teme,
 è più facile sempre ad esser vinto.
 COMINIO
 Fabio lo vede e il soffre.
 Ov’è il tuo cor? Sei tu romano? Il sangue
130hai tu de’ Fabi? Io sì ’l rampogno e sgrido.
 Del dittator la legge
 non ti vieta il pugnar, quando la pugna
 sia un sicuro trionfo.
 RUTILIA
 Generoso consiglio!
 COMINIO
135Scosso a’ miei detti, ordina, accende e move
 le schiere; esce del campo; assale ed urta
 improvviso i Sanniti.
 Sorpresi, sbigottiti
 piegano al primo incontro.
140Necessità poi gli fa forti. Io, duce
 de’ cavalli, gli spingo
 nel folto e aprir nol posso.
 Prendo novo consiglio;
 fo che a’ destrieri il morso
145sia tratto. A sciolto corso
 entrano nella mischia; e nulla al loro
 impeto più resiste.
 Ventimila nimici
 mordon l’arena. Gli altri
150van prigioni o dispersi. Un solo giorno
 della guerra ha deciso; e alla vittoria
 nulla manca di grande,
 campo, spoglie, trofei, conquiste e gloria.
 PAPIRIA
 O caro sposo! Ei riede
155qual dovea, qual l’attesi.
 RUTILIA
 Né a te, prode guerrier, manca il suo pregio.
 PAPIRIA
 Ma il padre che dirà? Che il dittatore?
 COMINIO
 A lui può non piacer l’utile colpa,
 se pur v’è colpa in opra
160che approvaro gli dei con lieto evento?
 PAPIRIA
 Nol so. So che il mio cor non è contento.
 
    Sento applausi; miro allori;
 Roma è lieta; il Tebro esulta;
 e il mio tenero cor languendo sta.
 
165   Dico a lui: «Bando a’ dolori»;
 ei sospira e non lo fa.
 Chiedo a lui perché s’accori;
 egli tace e non lo sa.