Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XI
 
 EDUINO e METILDE
 
 EDUINO
220(Mi si guidi Odoardo). Alfin, Metilde,
 leggo ne’ tuoi begli occhi
 le mie vittorie.
 METILDE
                              Hai vinto, sire; hai vinto.
 EDUINO
 Mia ti bramai.
 METILDE
                              Tal sono.
 EDUINO
 L’ira cessò.
 METILDE
                        Tanto ebbe forza amore.
 EDUINO
225Tenebre care, ove il mio labbro impresse
 sul tuo...
 METILDE
                   Non più.
 EDUINO
                                      Bella, t’intendo. Hai sdegno
 d’aver cesso a la forza
 ciò che a l’amor dovevi.
 METILDE
                                             È vero. (Ah indegno!)
 EDUINO
 Or che vinta è Metilde,
230vincerò ancor quegli empi
 che mi turban la pace; e vedrò l’onde
 del vassallo Tamigi
 gonfie di stragi insanguinar le sponde.
 METILDE
 Ma di Odoardo, il tuo real germano,
235signor, che pensi?
 EDUINO
                                    A te ’l confido, o cara.
 Oggi morrà.
 METILDE
                          (Morrà Odoardo?) Ah sire...
 EDUINO
 E col suo sangue estinguerò quel fuoco
 che, più volte sopito,
 crebbe feroce e dilatò la vampa.
240Tu temi?
 METILDE
                    E con ragion. Seme fecondo
 esser di nuovi mali
 può la sua morte.
 EDUINO
                                   Al mal presente io cerco
 forte riparo e l’avvenir non curo.
 METILDE
 Mio re...
 EDUINO
                   Sinch’egli vive,
245l’affetto altrui mel fa temer. Lui morto,
 quei che l’amano ancor saranno astretti
 a tacere, a ubbidirmi.
 METILDE
 Dunque?...
 EDUINO
                        Viene Odoardo. Or ti ritira
 e qui in disparte il tutto ascolta e mira.
 METILDE
 
250   Se brami il mio amore,
 se pur ti son cara,
 non esser crudel.
 
    Se tempri il rigore,
 quest’alma anche impara
255ad esser fedel.