Lucio Papirio dittatore, Vienna, van Ghelen, 1719

 SCENA VIII
 
 RUTILIA e SERVILIO
 
 SERVILIO
 Infelici trionfi!
 Misero Fabio!
 RUTILIA
                             Onde il tuo duol?
 SERVILIO
                                                               Da l’ira
 del dittator. Vede il divieto infranto;
 e ’l trasgressor minaccia.
 RUTILIA
200Lo salverà la sua vittoria.
 SERVILIO
                                                Spinto
 dal suo furor, già sen va Lucio al campo
 e al vincitor di amplessi invece o premi,
 reca verghe e mannaia.
 RUTILIA
 No, le teste de’ Fabi
205riserbate non sono a scure infame.
 SERVILIO
 Io ne tremo per lui; l’amor che ho in petto
 d’ogni fortuna tua mi chiama a parte.
 RUTILIA
 Tribuno de la plebe,
 né cotesta pietà chieggio al tuo core
210né cotesto tuo amore.
 SERVILIO
 Così non parlerebbe
 il tuo fasto, o Rutilia,
 a militar tribun.
 RUTILIA
                                 Che?
 SERVILIO
                                             Non han tutti
 l’onor d’esser Comini e d’esser Fabi.
 RUTILIA
215Ai Fabi ed ai Comini empie le vene
 sangue patricio e sofferir non deggio
 che di amor mi favelli
 un popolar tribuno, un uom plebeo.
 SERVILIO
 Uom plebeo ma che vanta
220tra le fumose immagini degli avi
 e consoli e pretori,
 plebeo ma la cui gente
 coi Valeri è congiunta e coi Metelli.
 E quello ch’io sostengo
225popolar tribunato
 è tal che lo rispetta,
 più di Rutilia assai, Roma e ’l Senato.
 RUTILIA
 E ben, poiché cotanto
 del tribunato tuo ti gionfi e onori,
230cerca ma fuor dei Fabi
 più degno oggetto a’ tuoi superbi amori.
 
    A rader nato il suolo,
 spiega tropp’arduo volo
 il tuo superbo cor.
 
235   Ma in faccia al maggior lume
 vi struggerà le piume;
 e a lui cadendo d’alto,
 se sia più gloria il salto,
 sarà più pena ancor.