Don Chisciotte in Sierra Morena (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1719

 SCENA II
 
 CARDENIO e poi FERNANDO
 
 CARDENIO
 Povero cor, non sei ben lieto; il sento.
 Un gran bene ti manca,
 se ti manca Fernando. Eccolo. O cieli,
 rendetelo a’ miei voti.
1620Non si perde con pace un caro amico.
 FERNANDO
 Cardenio, che chiamarti
 col bel nome di amico io più non oso,
 a te del mio delitto
 la discolpa non reco o ’l pentimento.
1625Ciò che a te qui mi chiede è ’l mio gastigo.
 CARDENIO
 (Non anche intendo di quell’alma i sensi).
 FERNANDO
 Prendi ed in questo vibra
 perfido seno il punitore acciaro.
 Solo il colpo, che imploro a un’amistade
1630profanata e negletta,
 esser può mio riposo e tua vendetta.
 CARDENIO
 Fernando, prence e mio, dirollo, amico,
 che a la salda amistà, di cui mi onoro,
 diè più pena che sdegno il tuo delitto,
1635morte a me tu richiedi? A me che, in onta
 de la fede tradita,
 la mia, la mia darei per la tua vita?
 FERNANDO
 O sovra ogni altro generoso e forte,
 poiché un’alma racchiudi
1640che a la mia fa rossore,
 con atto illustre adempi
 la magnanima impresa. Altro deh! fosse
 rimedio al dolor mio! Senza Lucinda
 viver non posso. O cedila al mio amore
1645o per pietà mi uccidi.
 Arbitro di mia sorte,
 Cardenio, amico, o dammi vita o morte.
 CARDENIO
 Io cederti Lucinda?
 Io te svenar? Sì vile
1650mi stimi o sì crudele? In me pria volgi
 quel nudo ferro. Eccoti il sen. Ferisci.
 Doppo spenta la fede,
 togliti ancor dagli occhi
 un rimprovero eterno
1655del tuo misfatto. Io posso
 morire e perdonarti.
 Perdonarti non posso un voto ingiusto
 che mi renda spergiuro.
 Difenderò fino al respiro estremo
1660Lucinda e la mia fede.
 Morrò ma col suo affetto; e tu l’erede
 di Lucinda nel core
 sarai de l’odio suo, non del suo amore.
 
    Ch’io ti ceda quel bel core?
1665Per te un voto egli è d’inganno,
 per me un atto di viltà.
 
    Io di lui l’amante sono;
 ma non sono il suo tiranno;
 né piacergli il mio vil dono
1670faria in te l’infedeltà.