Don Chisciotte in Sierra Morena (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1719

 SCENA III
 
 DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 SANCIO
 Sorgi. Il pazzo è partito. (Sancio aiuta don Chisciotte ad alzarsi)
 DON CHISCIOTTE
135Certamente io cadei per via d’incanto.
 SANCIO
 L’incanto fu quel pugno. Eh! Lascia omai
 questa cavalleria tanto fatale.
 DON CHISCIOTTE
 Sancio, non più. Son cavaliero errante.
 Tale solennemente armato fui
140e debbo oprar da tal. Fatiche e rischi
 son per noi glorie e fregi.
 SANCIO
                                                Almen di’, quando
 speri di conquistar provincie e regni
 e l’isola promessa a me in governo?
 DON CHISCIOTTE
 Tosto che a me tu rieda.
 SANCIO
145E dove andar degg’io?
 DON CHISCIOTTE
 Al Toboso; e un mio foglio
 recar a Dulcinea ch’è mia sovrana.
 SANCIO
 So che ami Dulcinea ma nel Toboso
 tal nome io non conosco.
 DON CHISCIOTTE
150Che? Non conosci Aldonza?
 SANCIO
 Quella bruna villa...?
 DON CHISCIOTTE
                                         Quella è ’l mio sole.
 SANCIO
 Che guida al pasco i por...?
 DON CHISCIOTTE
                                                   Quella è il mio nume.
 SANCIO
 La figlia di Loren...?
 DON CHISCIOTTE
                                        Sì, Sancio, quella
 è Dulcinea la bella. Uso gentile
155de’ cavalieri erranti
 è ’l dar nomi stranieri a le donzelle
 e fingerle o regine o ninfe o dive.
 SANCIO
 Andrò, se il vuoi; ma tu restar qui solo?
 DON CHISCIOTTE
 Sì, ai disagi, agli affanni, ai patimenti.
 SANCIO
160Per qual cagion?
 DON CHISCIOTTE
                                 Per Dulcinea che adoro.
 Per Angelica tanto e per Oriana
 fece il grande Amadigi e ’l prode Orlando.
 Al par di lor debbo impazzir anch’io.
 SANCIO
 Ma Aldonza non ti offese.
 DON CHISCIOTTE
165E qui sta la finezza. Il più bel pazzo
 è quel che tal si fa senza cagione
 e sol per invenzione ama e delira.
 Or diasi mano a l’opra.
 Levami questi arnesi e qui gli appendi.
 SANCIO
170Qui? Ti saran rubati.
 DON CHISCIOTTE
 Sopra vi scriverò: «Nessun mi tocchi».
 SANCIO
 E credi ciò bastante a preservarli?
 DON CHISCIOTTE
 Così quei di Zerbin salvò Isabella.
 SANCIO
 Sancio più non favella. Or via. La spada. (Dà la spada a Sancio che l’apprende ad un ramo)
 DON CHISCIOTTE
175Eccola. Pian. Pria vo’ baciarla. Udite, (Don Chisciotte va per la scena, seguitato da Sancio che lo va disarmando)
 rustici dei di questa selva, a voi
 raccomando me stesso e vi saluto.
 SANCIO
 Cortese e sostenuto è ’l complimento.
 DON CHISCIOTTE
 Tu, di liquido argento
180ricco ruscel, perdona
 se mai ti offuscheranno i pianti miei.
 SANCIO
 Vorrei saper se il fingi o se lo sei.
 DON CHISCIOTTE
 Driadi, udite, e napee; qui don Chisciotte
 difenderà da’ satiri insolenti
185l’onor vostro del pari e la sua gloria.
 SANCIO
 Ben presto l’invenzion sarà un’istoria.
 DON CHISCIOTTE
 Scrivasi a Dulcinea.
 Ma penna, inchiostro e carta,
 tutto mi manca. Il ciel mi arride. Attendi. (Raccoglie da terra il libro di memorie)
190Qui nel libro del pazzo
 io scriverò. «Sovrana, alta signora.
 Mia dolce Dulcinea, quella salute,
 di cui son privo, a te, crudele, io mando». (Va scrivendo e leggendo ciò che scrive)
 SANCIO
 Non scrisse mai sì belle cose Orlando.
 DON CHISCIOTTE
195«Sancio, il fido scudiero,
 a te dirà qual io per te rimango.
 Se aita dar mi vuoi, son tuo per sempre;
 se no, fa’ pur di me quel che ti piace;
 tuo finché spiro e spero,
200de la trista figura il cavaliero».
 SANCIO
 Verissima è la firma.
 DON CHISCIOTTE
 Tu nel cammin farai
 in un foglio copiar questi miei sensi
 e a la bella crudel poscia il darai.
 SANCIO
205Oltre di ciò che dir dovrolle a bocca?
 DON CHISCIOTTE
 Ch’eternamente io l’amo
 e che sol per suo amore
 il savio don Chisciotte al tuo partire
 facea strane pazzie.
 SANCIO
                                      Perch’io non abbia
210il rimorso di dirle una bugia,
 fammi sugli occhi miei qualche pazzia.
 DON CHISCIOTTE
 Hai ragion. Son contento.
 S’una non basta, e dieci e venti e cento.
 
    Corro incontro a le squadre de’ mori. (Va urtando col capo negli alberi)
215Guarda l’orso che cala dal monte.
 
    Su, danzate qui meco, o pastori. (Si pone a ballare)
 Ecco Diana che s’alza dal fonte.