Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 OTTARO e ALINDA
 
 OTTARO
 Gentil vezzosa Alinda, il passo movi
 in profondo pensiero,
1060non so se grato o se noioso, immersa,
 talché incerto son io se scossa io t’abbia
 da affanno o da piacer.
 ALINDA
                                            Qual chi presente
 sogna amabile oggetto e, gli occhi aprendo,
 conosce che dell’alma
1065fu presagio, non sogno, il ben che vede,
 tal fissa e assorta anch’io
 nel lontano idol mio, desta a tue voci,
 col guardo incontro dell’idea l’oggetto;
 e l’alma, che poc’anzi
1070tutta si raccogliea nel suo pensiero,
 esce or sugli occhi e passa
 da l’idol finto a vagheggiare il vero.
 OTTARO
 Né questo è il primo giorno
 che ti conosco amante
1075né il primo, in cui mi accendi
 desio di esserti grato. Altro, e tu il sai,
 altro amor vi si oppose; e teco, Alinda,
 anch’io ne sospirai.
 ALINDA
 Chi può l’egro sanar, perché il compiange?
 OTTARO
1080Studia pietà i rimedi e poi gli arreca.
 ALINDA
 Vani spesso gli rende il troppo indugio
 e le vie di salute occupa il male.
 OTTARO
 Orsù, ti senti, Alinda, alma bastante
 a magnanimo sforzo?
1085Sforzo, onde poi godranno i nostri affetti?
 ALINDA
 Ah, che non oserei con tal mercede?
 OTTARO
 Per ingrata beltà sai quanto feci,
 quanto sostenni. È stanca
 in me costanza, non in lei fierezza.
1090Già ne dispero e penso
 come scior la catena e uscir di affanno.
 ALINDA
 Vuoi la via più spedita? Ama chi t’ama.
 OTTARO
 E lo bramo e il farò. Pria che la notte
 l’ombre sospinga alla metà del corso,
1095celebrerò mie nozze e tu mia sposa
 sarai, se nol ricusi.
 ALINDA
 Ottaro... Io ricusarlo?... Io tua?... Tu mio?
 OTTARO
 Sì, lo ripeto ancor; sarai mia sposa,
 purché fra la tua destra e fra la mia
1100non si ponga Sirita e a te mi tolga.
 ALINDA
 Villanel, cui le spiche
 già piene e già mature
 grandine impetuosa abbatta e strugga,
 sì non rimane sbigottito e mesto,
1105quale al suon di tue voci il cor dolente
 che languir vede e inaridir sul fiore
 la sua dolce speranza.
 OTTARO
 Di che paventi?
 ALINDA
                                Di vergogna e scorno.
 OTTARO
 Sai la durezza di quel cor protervo?
 ALINDA
1110Ma di femmina è cor, fiero per uso,
 mobile per natura.
 OTTARO
 Alma sì altera e a tanto amor ingrata
 moveranno i disprezzi?
 ALINDA
 Ciò che non puote amor, fa gelosia.
 OTTARO
1115Può sentir gelosia chi amor non sente?
 Su, che più pensi irresoluta? Vince
 altri ostacoli amor. Mi vuoi tuo sposo?
 Chiusa alla tua speranza,
 fuor di questa è ogni via.
 ALINDA
                                                Né si trascuri.
1120Vanne e le pompe appresta.
 Forse sarò contenta; e quando ancora
 per me ruoti ’l destino avverso e rio,
 vedrò lieto il tuo amor, se non il mio.
 
    Languì sinora il cor,
1125certo di non goder.
 Forte nel suo dolor,
 non ebbe altro piacer
 che di penar
 senza sperar.
 
1130   Il labbro non osò
 dirvi del sen trafitto
 pupille vaghe,
 le piaghe e sospirò.
 
    Ma debole sospiro
1135d’immenso aspro martiro
 fede non fa.
 Né mai svegliar pietà
 in te sperai, crudel,
 ch’io già sapea fedel
1140penare amante
 di altra beltà.
 
    Così languendo, piangendo, tacendo
 vissi in amor,
 se dirsi vita
1145può di chi muor
 sempre al dolor.
 
    Or solo a me traluce
 di speme il bel seren,
 se ben di fosca luce
1150forse è balen.
 
    Ma per chi ognor languì,
 sempre ascoso a’ rai del dì,
 lume torbido e lontano
 bello anche appar.
1155Per me sperar
 dolce or sarà,
 che almeno nel mio seno
 di qualche bene
 amor godrà.
 
1160   Sì, spera, o cor.
 Sì, godi, o amor.