Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA PRIMA
 
 IROLDO e ROMILDA da varie parti
 
 IROLDO
 (Qui Romilda).
 ROMILDA
                               (Qui Iroldo).
 IROLDO
                                                         (Oh, racquistarne
 potessi ancora i mal perduti affetti!)
 ROMILDA
960(Oh, tornasse l’infido al primo laccio!)
 IROLDO
 (Ardiscasi. Al perdono
 facile è la beltà). Bella Romilda.
 ROMILDA
 (Vien la serpe all’incanto).
 IROLDO
 All’onor de’ tuoi ceppi
965e per più non uscirne,
 ritorna un cor fuggito
 e ritorna pentito. A bel sembiante
 racquistar è più gloria un cor perduto
 che aver sempre fra’ ceppi un cor costante.
 ROMILDA
970Qual bontà! Di Sirita
 l’illustre sposo, il successor di un regno
 degna, dall’alto ancora
 di sua grandezza, un guardo
 ver me abbassar, suddita e serva?
 IROLDO
                                                                Il trono
975sia per altri lusinga. Io nol riguardo
 che con orror, quale di scoglio a vista,
 ov’ebbe a naufragar, suole il nocchiero.
 ROMILDA
 Or solo hai cor sì generoso?
 IROLDO
                                                    Seguo
 del tuo l’esempio e sprezzo...
 ROMILDA
980No no, che a sì gran prezzo
 anch’io io tua fede assolvo.
 Amiam pur, tu in Sirita, io nel monarca,
 un oggetto più degno.
 Bella è l’infedeltà che guida a un regno.
 IROLDO
985Tempra un’ira che forse
 ti fia crudele; né svenar gli affetti
 più cari a pro di un re di anni maturo.
 Disuguale imeneo non ha mai pace;
 in chi noia risveglia, in chi sospetto.
 ROMILDA
990Di giovanile aspetto
 è assai più bello un trono. In re l’etade
 non mai scema beltade;
 e l’aureo cerchio a lui ricopre ed orna
 e la fronte rugosa e il crin canuto.
 IROLDO
995Tu riguardi ’l diadema
 come un ben già sicuro e già vicino.
 ROMILDA
 Di te non avrò mai peggior destino.
 IROLDO
 Ma se sorte ti manca, allor poss’io
 sperar che tu mi renda un cor già mio?
 ROMILDA
1000Io tornarti ad amar? Sarei ben folle.
 Chi una volta tradì, tradir può sempre.
 IROLDO
 
    Tu sei crudel con me;
 ma disperar non vo’.
 
    Regina ancor non sei;
1005né sempre a’ voti miei
 ricuserà mercé
 beltà che sì mi amò.