Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA X
 
 SIRITA e OTTARO
 
 SIRITA
 (Cor mio, siamo al cimento.
 Di Sirita sii cor. Resisti e vinci).
 OTTARO
 Non, se cento in battaglia
 poderosi nimici avessi a fronte,
835non, se il più della Libia orrido mostro,
 tanto avrei di terror, quanto al tuo aspetto,
 real vergine eccelsa.
 Ma più di ogni altro me spaventa e lega
 il timor di spiacerti,
840me che sol di gradirti amo e desio.
 SIRITA
 Se riposto nel mio
 avessi il tuo piacer, per te ridotta
 a questa or non sarei
 dura necessità, non più sofferta,
845di udir voci di amante.
 Pur si ubbidisca al padre; e al cor si faccia
 qualche sforzo in tuo pro. Parla. Ti ascolto.
 Ma gitterai preghi e speranze al vento.
 OTTARO
 A te, bella di amor madre e nimica,
850come di amor parlar, se non lo intendi?
 Come fede vantar, se non la curi?
 Pur se di onesta ricompensa e lieve
 degni onorar miei voti,
 dimmi, ten prego, onde sei mossa a tanto
855di amore abborrimento?
 In te credo ragion la sua condanna;
 ma convinci ’l mio cor. Tu sii più giusta;
 ei più vegga il suo torto;
 e sia mia pace il disperar conforto.
 SIRITA
860Vuol sorprender un’alma
 chi ne cerca gli arcani.
 Ma insidia conosciuta è già schernita.
 Parli pur l’odio mio, parli e non tema.
 Ei nasce, uomini infidi,
865dalla vostra incostanza.
 Se noi credule meno
 fossimo a’ vostri inganni, o voi sareste
 più fidi o noi più forti.
 Già l’esempio di tante
870mi addottrinò. Sorda agli amanti e cieca
 le lor frodi spavento; e col mio sdegno
 fortezza a un sesso e fede all’altro insegno.
 OTTARO
 Quanto fiera, sei giusta.
 Ma se amator trovassi
875e sincero e fedel?
 SIRITA
                                   Dove sperarlo?
 Mille prove di amor strugge un momento.
 OTTARO
 E momento non trovi, in cui si assolva
 nel tuo core un amante?
 SIRITA
 Sì, ma il sol della vita ultimo istante.
880Sinché spirto v’ha in uomo,
 esser vi può incostanza;
 e se mai tra la vita e tra la morte
 due fossero i momenti e sino al primo
 trovato avessi un cor costante e fido,
885senti, ancor temerei
 ch’ei potesse nell’altro essermi infido.
 OTTARO
 Orsù, mia principessa,
 Ottaro sia, qual tu lo chiedi, amante.
 Volgiti ed a’ tuoi sguardi
890non si neghi ’l piacer di un gran trionfo.
 SIRITA
 Parla, che di ascoltarti è mio dovere
 e questo uffizio non incombe agli occhi.
 OTTARO
 Ma se il guardo non regge (Snuda la spada)
 questo, ch’io ti presento, ignudo acciaro,
895mal troverai la strada al cor che anela
 di tua mano alla morte.
 Stringilo e fa’ ch’ei perda (Gliela presenta)
 una tinta di sangue,
 versato a tua salvezza, e n’abbia un’altra
900donata alla mia fede.
 Su, qui ferisci; e il solo ultimo istante
 e ti doni e ti tolga un fido amante.
 
    Bianca man, chiedo a te morte,
 a te fede, alma crudele.
 
905   Occhi, a voi non chiedo pianto,
 che negaste, avari tanto,
 anche un guardo a cor fedele. (In replicando l’aria s’inginocchia e prendendole la mano gliela bacia; ma lei ritirandola e scostandosi da lui, esso rimane inginocchioni)
 
 SIRITA
 (O dio! Qual non più inteso
 turbamento nell’alma?
910Pietade, gratitudine, dovere,
 patria, re, genitor, che mi chiedete?
 Si ascolti la mia gloria e voi tacete).
 Principe, il tuo valor mi ha tolta a morte.
 Stimo al par del tuo merto
915la tua virtù. Se il cielo
 dato mi avesse un core
 sensibile ad amore,
 ei saria tua conquista.
 Più dir non posso. Troppo
920forse ancor dissi; e tu, se giusto sei,
 non esiger di più. Voler ch’io t’ami
 è un volermi avvilita,
 e ch’io ti offenda, ingrata.
 L’un fa torto all’onor, l’altro al dovere.
925Risparmia alla mia gloria
 un delitto e un rossor.
 OTTARO
                                           Facciasi; e serva (Levandosi con impeto)
 un amor disperato a tua fierezza.
 Col tuo bel nome in bocca,
 Sirita, ecco mi uccido. (In atto di ferirsi)
 SIRITA
930Oimè! Del rischio andato
 sento or l’orrore. Aita. Io manco. Io moro. (Mostra di svenire, lasciandosi cadere sopra uno sterpo)
 OTTARO
 Che veggio? Impallidita
 sviene. Già cade. O cieli! (Corre a sostenerla e le lascia cadere a’ piedi la spada)
 O in fosco orror sepolti,
935occhi, or vi apriste e morirei beato.
 Che tardo? Umor vitale
 mi appresti il vicin rio... (Si allontana alquanto e Sirita allora si leva e con prestezza raccoglie di terra la spada caduta)
 SIRITA
 Ferma. Già il cor rinvenne. Ottaro, addio.
 
    Vivi, s’è ver che m’ami;
940stima e pietà ho per te;
 ma non sperar di più.
 
    Che se morir tu brami,
 vinto da rio furore,
 mostri aver poco amore
945e meno di virtù.