Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 SIVALDO, OTTARO e SIRITA
 
 SIVALDO
 Nell’applauso comun tu scorgi, o figlia,
 il comun voto e mio. Quegli, che offerse
810in due cimenti generosa e forte
 la sua per la tua vita,
 egli l’eroe, chiaro di sangue e di opre
 e per titoli illustre e per antico
 di stati ampio retaggio,
815Ottaro, a cui la Dania
 deve sua libertade, io mia grandezza.
 Regia o paterna autorità non uso;
 né t’impongo di amarlo. A te lo impone
 dover, virtù, riconoscenza e gloria.
820Seco ti lascio; e qual poc’anzi, ingrata
 non fuggir dal suo aspetto; odi ’l suo amore;
 e di nota sì turpe
 più non rimanga il tuo bel cor macchiato.
 Il cor più vile è quello dell’ingrato.
 
825   Non parlo al tuo rigor.
 Consiglio alla tua gloria il suo dover.
 
    Da un re genitor,
 che prega e consiglia,
 può mai nobil figlia
830inganno temer?