Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 ROMILDA e ALINDA
 
 ROMILDA
 Frutto di sua perfidia.
 ALINDA
                                           E tu n’esulti?
 ROMILDA
 Già comincio a gustar la mia vendetta.
 ALINDA
 Può dall’amore all’odio
 passar sì tosto un core?
 ROMILDA
                                             Il può, s’è forte.
 ALINDA
635Amasti Iroldo e forse l’ami ancora.
 ROMILDA
 Taci. È vero. In quest’alma,
 dacché il vidi infedel, spenta di amore
 non era ogni scintilla.
 ALINDA
                                          E incendio spento
 per scintilla risorge.
 ROMILDA
640Ma quei deboli avanzi
 l’ultima offesa estinse; e l’odio accese.
 ALINDA
 Non t’infinger, Romilda.
 Non ti move sì a sdegno un tradimento
 che più non ti lusinghi una corona;
645e per un re si perde
 volentieri un amante.
 ROMILDA
 Sinché Iroldo fu fido, io fui costante.
 All’amor suo svenate io tutte avea
 le lusinghe di un soglio;
650e s’or vi assente il core,
 per vendetta lo fa, non per orgoglio.
 ALINDA
 L’infedeltà d’Iroldo
 per te è favor, quando la stimi oltraggio.
 Ella ti dà il diadema; e tu dovresti
655goder, poiché dipende
 il tuo regio destin dal suo riposo,
 ch’egli sia di Sirita amante e sposo.
 ROMILDA
 Sì pietosa ad Iroldo
 perché, Alinda, perché?
 ALINDA
                                              Fedele amico
660provano i casi avversi.
 ROMILDA
 Eh, no, tanta pietade
 non è tutta amistade.
 ALINDA
 Del rimprovero tuo cerco l’arcano
 ma nol comprendo. Io che di amor nimica...
 ROMILDA
665Non lo dica il tuo labbro. Ottaro il dica.
 
    Tu ad amor non dai ricetto;
 e in custodia del tuo petto
 sta innocenza e libertà.
 
    Te felice! Oh, dal tuo core
670di virtude e di rigore
 prenda esempio ogni beltà.