Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 ALINDA e SIVALDO
 
 SIVALDO
                                  Alinda,
515dove? E senza Sirita? Io che son padre...
 ALINDA
 L’esser più padre, ah, quasi oggi perdesti.
 SIVALDO
 Salva è la figlia?
 ALINDA
                                 È salva
 ma per virtù di generoso amante.
 SIVALDO
 Respiro. Il caso narra
520che quai piacciono all’occhio
 i dipinti naufragi,
 son giocondi al pensiero i rischi andati.
 ALINDA
 Erasi dato il segno
 di lieta caccia. Alto sonava il bosco
525di gridi, urli e latrati,
 allor che nel più chiuso odesi intorno
 rimbombar la foresta.
 Ed ecco uscirne minaccioso e torvo
 vasto cinghial. L’orribil mole, il lungo
530fulmineo dente e gli occhi
 di foco scintillanti
 tremar fan l’alme più sicure e forti.
 Ei quasi disdegnoso
 di volgar preda, alla real tua figlia
535si avventa...
 SIVALDO
                         Ahi, che in udirlo inorridisco!
 ALINDA
 Sirita, il volto scolorita alquanto,
 si fa cor nel periglio.
 Non può arretrarsi; e non si arretra. Il dardo
 drizzagli in fronte e il ferro,
540dove l’occhio segnò, vola e colpisce.
 Ma che? Di sangue asciutto
 torna lo stral, qual se colpito avesse
 infrangibil metallo.
 L’irato mostro, a lei già presso, arruota
545morso letale al bianco petto; ed ella,
 in volendo ritrarsi, inciampa e cade.
 SIVALDO
 Misero me!
 ALINDA
                         La sua caduta a morte
 fu che la tolse, poiché il dente acuto
 sol della vesta il lembo
550squarcia in gran parte e a lei non reca offesa.
 Non si ferma il feroce. A lei già è sopra...
 SIVALDO
 Deh, libera il mio cor. Chi la soccorse?
 ALINDA
 Ottaro fu. L’invitto
 corse, volò, snudò l’acciaro; al mostro
555pria nell’aperta gola, indi nel ventre
 e tre volte lo spinse e tre lo ascose,
 sinché batter, spumando orribilmente,
 gli fe’ la terra con mortal percossa.
 SIVALDO
 Tutelar genio della Dania e mio!
560Al suo liberator grata già attendo
 volger la figlia il guardo.
 ALINDA
                                               Odi e stordisci.
 Stava alla pugna inteso
 l’eroe. Sirita intanto
 si alza, raccoglie l’armi, il dubbio mira
565cimento; e stassi in atto,
 non di fuggir, ma di tentar sua possa.
 Oh, se a lui spazio allora
 fosse rimasto di guardarla in volto!
 Fra loro, io ne son certa,
570riscontrato si fora occhio con occhio
 e ad un punto egli dome avria due fere.
 Ma stesa appena al suolo
 l’immane belva, alla real donzella
 il vincitor si appressa;
575né quel parea; tremante,
 chiede di sua salute; e che gradisca,
 pregala, un atto di dover, di amore.
 SIVALDO
 Che fe’? Che disse? Che rispose allora?
 ALINDA
 Fisa le luci a terra:
580«Prode» le disse «a te mia vita io deggio.
 Dell’opra illustre ricompensa attendi
 e dal cielo e dal padre».
 Mosse, ciò detto, entro la selva il passo,
 ratta così che parea strale e vento,
585e lui lasciò che parea gelo e sasso.
 SIVALDO
 Misero prence! Sconoscente figlia!
 ALINDA
 Dietro l’orme di lei corse Romilda.
 Io più lontana e del timor passato
 ripiena ancor, spirto non ebbi e lena
590di più seguirla.
 SIVALDO
                               Al rischio
 tolta la veggo e pur rimango in pena.
 
    Superba e ria beltà,
 non macchia tua onestà l’essere amata;
 ma offende tua virtù l’essere ingrata.
 
595   Se al basso e indegno amante
 usi rigor crudel, sei giusta e forte,
 se al nobile e fedel, vile e ostinata.