Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 Coro di cacciatori e cacciatrici e le suddette; poi OTTARO con seguito di paggi, i quali portano ricchi arnesi di caccia sopra bacini d’oro e di argento
 
 CORO
 
    Amiche, in traccia
 di augelli e belve
415per monti e selve,
 piaceri onesti
 di libertà.
 
 SIRITA
 
    Ma stiasi in guardia,
 che il cor non resti
420preda infelice
 d’ingannatrice
 gentil beltà.
 
 OTTARO
 Regal vergine eccelsa,
 per virtù, per beltà del secol nostro
425raro ed unico pregio...
 SIRITA
 Cerca favor la lode o tenta inganno. (A Romilda)
 OTTARO
 Il tuo padre, il mio re che di sé stesso
 più t’ama e più del regno...
 SIRITA
 Del re tu nunzio?
 OTTARO
                                   E servo.
430Te di seguir vaga scorgendo in caccia
 un piacer faticoso...
 SIRITA
 Degli ozi della reggia a me più caro. (A Romilda)
 Segui. (Ad Ottaro)
 OTTARO
                Questi m’impose,
 per materia e lavoro,
435recarti illustri arnesi.
 SIRITA
 Veggansi, o mia Romilda, i ricchi doni. (Romilda va a prender un arco da un bacino)
 OTTARO
 Doni di padre a regal figlia.
 ROMILDA
                                                     In questo
 di avorio e d’oro arco lucente e grave
 l’arte ha vinta sé stessa.
 OTTARO
440Stupido il grande osservo...
 SIRITA
 Parlo a Romilda; non risponda il servo.
 ROMILDA
 Vedi gli aurati strali (Prende da un altro un fascio di dardi)
 come vaghe han le piume e di qual tempra
 l’acuto acciar. Gloria è di morte e fasto
445uscir da sì be’ dardi.
 OTTARO
 Ma più gloria è dell’alme
 sotto un solo cader di que’ bei sguardi.
 SIRITA
 Lusinghiero ed audace. (A Romilda)
 OTTARO
 Non fa torto a beltà lode verace.
 ROMILDA
450Ve’ che nobil faretra? Arte maestra (Prende un turcasso)
 nell’ebano lucente
 quindi Cintia scolpì...
 OTTARO
                                          Non mai sì bella
 che qui, dove somiglia a te che sei
 e più vezzosa e più crudel di lei.
 SIRITA
455Da amante e non da servo egli favella. (A Romilda)
 ROMILDA
 Vago è quindi mirar la diva istessa,
 tutta fisa nel volto
 del pastorello Endimion...
 SIRITA
                                                  Romilda,
 di Endimion? Del pastorel coteste
460son le sembianze? O quelle
 del prode? Dell’eroe? Doni di padre
 cotesti a regal figlia?
 E chi li reca è servo? Ah, riconosco
 l’inganno e l’ardimento. Odio del pari
465l’amante e i doni. Ei vada.
 E tu digli, o Romilda,
 che con armi sì vili
 le basse anime assalga e non l’eccelse,
 che abbandoni una speme,
470da cui sol ritrarrà pena e vergogna,
 e ch’è più lieve impresa
 un armato espugnar campo nimico
 che la ferma onestà di un cor pudico.
 
    Lasci gli amori
475e a coglier vada allori
 chi nacque a guerreggiar.
 
    Gloria sia di alma forte
 vincer nimici in campo,
 non di due ciglia al lampo
480perdersi e vaneggiar.