Sirita, Venezia, Pasquali, 1744

 ARGOMENTO
 
    «Olim apud nos puellarum continentia magnopere visus petulantiam edomare solebat, ne mentis integritas oculorum libertate corrumperetur affectabaturque, ut cordis castimoniam oris modestia fateretur». Così scrive Sassone Grammatico nel VII libro delle sue Istorie di Danimarca, in parlando della onestà e continenza delle antiche vergini di quel regno. Nello stesso luogo abbiamo da lui un singolare esempio di tal virtù nella persona di Sirita, figliuola del re Sivaldo, vergine sì continente e pudica che fuor del padre non mirò mai uomo in faccia. Tutta l’autorità dell’istoria appena basta per farci riguardare un sì raro esempio che come favola. Sollecitata quella principessa dal padre a collocarsi in matrimonio con alcuno de’ grandi del regno, promisegli di compiacerlo ma solo a favor di quello che per qualunque maniera potesse giungere a conseguire una sola occhiata da lei. Tra i principi concorrenti, distinguevasi Ottaro, il più famoso guerriero della Danimarca, il quale avea ucciso di sua mano in un fatto d’armi Regnaldo, re di Svezia, e sconfittone l’esercito che negli stati del re Sivaldo avea fatti notabili avanzamenti e conquiste. Ciò ch’egli ed altri operasse, per ottenere da Sirita un solo sguardo, leggesi nell’istoria e nel dramma. La pubblicazione de’ finti sponsali di Ottaro con un’altra, la costanza mostrata da Sirita, nel sostenere in quella occasione la facella nuziale e superata finalmente dal dolore, dal dispetto e forse anche dall’amore già introdotto in lei dai servigi che le avea prestati il suo amante, il suo sposalizio con Ottaro, quello del re con una sorella di lui e le altre circostanze, con le quali si chiude l’azione, tutte son tratte dalla narrazione dell’istorico, non dall’idea del poeta. Oltre a Sassone Grammatico, può vedersi Alberto Krantzio, libro II, capitolo V, Giovanni Meursio, libro II, ed altri istorici di quel regno.