Sirita, Vienna, van Ghelen, 1719

 SCENA IV
 
 ROMILDA e ALINDA
 
 ROMILDA
 Frutto di sua perfidia.
 ALINDA
                                           E tu ne esulti?
 ROMILDA
 Già comincio a gustar la mia vendetta.
 ALINDA
 Può da l’amore a l’odio
 passar sì tosto un core?
 ROMILDA
                                             Il può, se è forte.
 ALINDA
635Amasti Iroldo; e forse l’ami ancora.
 ROMILDA
 Taci. È vero. In quest’alma,
 dacché ’l vidi infedel, spenta di amore
 non era ogni scintilla.
 ALINDA
                                          E incendio spento
 per scintilla risorge.
 ROMILDA
640Ma que’ deboli avanzi
 l’ultima offesa estinse; e l’odio accese.
 ALINDA
 Non t’infinger, Romilda.
 Non ti muove sì a sdegno un tradimento
 che più non ti lusinghi una corona;
645e per un re si perde
 volentieri un amante.
 ROMILDA
 Sinché Iroldo fu fido, io fui costante.
 A l’amor suo svenate io tutte avea
 le lusinghe di un soglio
650e, s’or vi assente il core,
 per vendetta lo fa, non per orgoglio.
 ALINDA
 L’infedeltà d’Iroldo
 per te è favor, quando la stimi oltraggio.
 Ella ti dà il diadema; e tu dovresti
655goder, poiché dipende
 il tuo regio destin dal suo riposo,
 ch’egli sia di Sirita amante e sposo.
 ROMILDA
 Sì pietosa ad Iroldo
 perché, Alinda, perché?
 ALINDA
                                              Fedele amico
660provano i casi avversi.
 ROMILDA
 Eh! No, tanta pietade
 non è tutta amistade.
 ALINDA
 Del rimprovero tuo cerco l’arcano;
 ma nol comprendo. Io che d’amor nemica...
 ROMILDA
665Non lo dica il tuo labbro. Ottaro il dica.
 
    Tu ad amor non dai ricetto;
 e in custodia del tuo petto
 sta innocenza e libertà.
 
    Te felice! Oh! Dal tuo core
670di virtude e di rigore
 prenda esempio ogni beltà.