Sirita, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA VII
 
 SIRITA
 
 SIRITA
 Il simulare indifferenza e pace,
 quando guerra e tumulto agita l’alma,
1320qual affanno violenza e pena affanno! Qual morte!
 Sposa d’Ottaro Alinda? Andrà superba
 una perfida amica
 di avermi to un a me tolto non amato amante?
 Che non corro a stracciarle
1325sul crine i fiori? A rovesciar su l’ara
 l’infausta pompa? Ad ammorzar la face?
 E minacciosa a vendicar l’oltraggio?
 O dio! Sarà vendetta e parrà amore
 lo stimolo de l’ira.
1330Favola de le genti
 diveranno i miei sdegni;
 e si dirà che non di Alinda il torto
 ma di Ottaro l’amor mi duole e preme;
 e forse forse avran ragion di dirlo.
1335Ma nol diranno. Al guardo
 manterrò ritrosia, fermezza al core;
 né in sostener la face
 vacillerà la destra. Andiam, Sirita.
 Salvisi la tua gloria e a lei si doni
1340e vendetta e riposo e amante e vita.
 
    Sveglio a virtù l’affetto;
 ma sento nel mio petto
 un misto di dispetto e di dolor.
 
    Non so se sdegno sia,
1345se amor, se gelosia;
 ma temo che così
 peni, quand’ama, un cor;
 e perché non l’intendo, il credo amor.