Sirita, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA III
 
 OTTARO e ALINDA
 
 OTTARO
1060Gentil vezzosa Alinda, il passo muovi
 in profondo pensiero,
 non so se grato o se noioso, immersa,
 talché incerto son io se scossa i’ t’abbia
 da affanno o da piacer.
 ALINDA
                                            Qual chi presente
1065sogna amabile oggetto e, gli occhi aprendo,
 conosce che de l’alma
 fu presagio, non sogno, il ben che vede,
 tal fisa e assorta anch’io
 nel lontano idol mio, desta a tue voci,
1070col guardo incontro de l’idea l’oggetto;
 e l’alma, che poc’anzi
 tutta si raccogliea nel suo pensiero,
 esce or sugli occhi e passa
 da l’idol finto a vagheggiare il vero.
 OTTARO
1075Né questo è ’l primo giorno
 che ti conosco amante
 né ’l primo, in cui mi accendi
 desio d’esserti grato. Altro, e tu ’l sai,
 altro amor vi si oppose; e teco, Alinda,
1080anch’io ne sospirai.
 ALINDA
 Chi può l’egro sanar, perché il compiange?
 OTTARO
 Studia pietà i rimedi e poi gli arreca.
 ALINDA
 Vani spesso gli rende il troppo indugio
 e le vie di salute occupa il male.
 OTTARO
1085Orsù, ti senti, Alinda, alma bastante
 a magnanimo sforzo?
 Sforzo, onde poi godranno i nostri affetti?
 ALINDA
 Ah! Che non oserei con tal mercede?
 OTTARO
 Per ingrata beltà sai quanto feci,
1090quanto sostenni. È stanca
 costanza in me costanza, non in lei fierezza.
 Già ne dispero e penso
 come scior la catena e uscir di affanno.
 ALINDA
 Vuoi la via più spedita? Ama chi t’ama.
 OTTARO
1095E lo bramo e ’l farò. Pria che la notte
 l’ombre sospinga a la metà del corso,
 di nobili sponsali celebrerò mie nozze e tu la mia sposa
 Pubblicherò si spargerà la fama; e tu mia sposa
 sarai, se nol ricusi.
 ALINDA
 Ottaro... Io ricusarlo?... Io tua?... Tu mio?
 OTTARO
1100Sì, lo ripeto ancor; sarai mia sposa,
 purché fra la tua destra e fra la mia
 non si ponga Sirita e a te mi tolga.
 ALINDA
 Villanel, cui le spiche
 già piene e già mature
1105grandine impetuosa abbatta e strugga,
 sì non rimane sbigottito e mesto,
 quale al suon di tue voci il cor dolente
 che languir vede e inaridir sul fiore
 la sua dolce speranza.
 OTTARO
1110Di che paventi?
 ALINDA
                                Di vergogna e scorno.
 OTTARO
 Sai la durezza di quel cor protervo?
 ALINDA
 Ma di femmina è cor, fiero per uso,
 mobile per natura.
 OTTARO
 Alma sì altera e a tanto amor sì ingrata
1115moveranno i disprezzi?
 ALINDA
 Ciò che non puote amor, fa gelosia.
 OTTARO
 Può sentir gelosia chi amor non sente?
 Su, che più pensi irresoluta? Vince
 altri ostacoli amor. Mi vuoi tuo sposo?
1120Chiusa a la tua speranza,
 fuor di questa è ogni via.
 ALINDA
                                                Né si trascuri.
 Vanne e le pompe appresta.
 Forse sarò contenta; e quando ancora
 per me ruoti il destino avverso e rio,
1125vedrò lieto il tuo amor, se non il mio.
 
    Languì sinora il cor,
 certo di non goder.
 Forte nel suo dolor,
 non ebbe altro piacer
1130che di penar
 senza sperar.
 
    Il labbro non osò
 dirvi del sen trafitto,
 pupille vaghe,
1135le piaghe e sospirò.
 
    Ma debole sospiro
 d’immenso aspro martiro
 fede non fa.
 Né mai svegliar pietà
1140in te sperai, crudel,
 ch’io già sapea fedel
 penare amante
 d’altra beltà.
 
    Così languendo, piangendo, tacendo
1145vissi in amor,
 se dirsi vita
 può di chi muor
 sempre al dolor.
 
    Or solo a me traluce
1150di speme il bel seren,
 se ben di fosca luce
 forse è balen.
 
    Ma per chi ognor languì,
 sempre ascoso a’ rai del dì,
1155lume torbido e lontano
 bello anche appar.
 Per me sperar
 dolce or sarà,
 che almeno nel mio seno
1160di qualche bene
 amor godrà.
 
    Sì, spera, o cor.
 Sì, godi, o amor.