Sirita, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA X
 
 SIRITA e OTTARO
 
 SIRITA
 (Cor mio, siamo al cimento.
 Di Sirita sii cor. Resisti e vinci).
 OTTARO
835Non, se cento in battaglia
 poderosi nemici avessi a fronte,
 non, se il più de la Libia orrido mostro,
 tanto avrei di terror, quanto al tuo aspetto,
 real vergine eccelsa.
840Ma più d’ogni altro me spaventa e lega
 il timor di spiacerti,
 me che sol di gradirti amo e disio.
 SIRITA
 Se riposto nel mio
 avessi il tuo piacer, per te ridotta
845a questa or non sarei
 dura necessità, non più sofferta,
 di udir voci di amante.
 Pur si ubbidisca al padre; e al cor si faccia
 qualche sforzo in tuo pro. Parla. Ti ascolto.
850Ma gitterai prieghi e speranze al vento.
 OTTARO
 A te, bella d’amor madre e nemica,
 come d’amor parlar, se non l’intendi?
 Come fede vantar, se non la curi?
 Pur se di onesta ricompensa e lieve
855degni onorar miei voti,
 dimmi, ten priego, onde sei mossa a tanto
 di amore abborrimento?
 In te credo ragion la sua condanna;
 ma convinci il mio cor. Tu sii più giusta.
860Ei più vegga il suo torto;
 e sia mia pace il disperar conforto.
 SIRITA
 Vuol sorprendere un’alma
 chi ne cerca gli arcani.
 Ma insidia conosciuta è già schernita.
865Parli pur l’odio mio, parli e non tema.
 Ei nasce, uomini infidi,
 da la vostra incostanza.
 Se noi credule meno
 fossimo a’ vostri inganni, o voi sareste
870più fidi o noi più forti.
 Già l’esempio di tante
 mi addottrinò. Sorda agli amanti e cieca
 le lor frodi spavento; e col mio sdegno
 fortezza a un sesso e fede a l’altro insegno.
 OTTARO
875Quanto fiera, sei giusta.
 Ma se amator trovassi
 e sincero e fedel?
 SIRITA
                                   Dove sperarlo?
 Mille prove di amor strugge un momento.
 OTTARO
 E momento non trovi, in cui si assolva
880nel tuo core un amante?
 SIRITA
 Sì, ma il sol de la vita ultimo instante.
 Sinché spirto v’ha in uomo,
 esser vi può incostanza;
 e se mai tra la vita e tra la morte
885due fossero i momenti e sino al primo
 trovato avessi un cor costante e fido,
 senti, ancor temerei
 ch’ei potesse ne l’altro essermi infido.
 OTTARO
 Orsù, mia principessa,
890Ottaro sia, qual tu lo chiedi, amante.
 Volgiti ed a’ tuoi sguardi
 non si nieghi il piacer di un gran trionfo.
 SIRITA
 Parla, che di ascoltarti è mio dovere
 e questo ufficio non incombe agli occhi.
 OTTARO
895Ma se il guardo non regge (Snuda la spada)
 questo, ch’io ti presento, ignudo acciaro,
 mal troverai la strada al cor che anela
 di tua mano a morir stringilo ch’ei per a la morte.
 Stringilo e fa’ ch’ei perda (Glielo presenta)
900una tinta di sangue,
 versato a tua salvezza, e n’abbia un’altra
 donata a la mia fede.
 Su, qui ferisci; e ’l solo ultimo instante
 e ti doni e ti tolga un fido amante.
 
905   Bianca man, chiedo a te morte,
 a te fede, alma crudele.
 
    Occhi, a voi non chiedo pianto,
 che negaste, avari tanto,
 anche un guardo a cor fedele. (In replicando l’aria s’inginocchia e prendendole la mano gliela bacia; ma lei ritirandola e scostandosi da lui, esso rimane inginocchioni)
 
 SIRITA
910(O dio! Qual non più inteso
 turbamento ne l’alma?
 Pietade, gratitudine, dovere,
 patria, re, genitor, che mi chiedete?
 Si ascolti la mia gloria e voi tacete).
915Principe, a il tuo valor deggio la vita mi ha tolta a morte.
 Stimo al par del tuo merto
 la tua virtù. Se il cielo
 dato mi avesse un core
 sensibile ad amore,
920ei saria tua conquista.
 Più dir non posso. Troppo
 forse ancor dissi; e tu, se giusto sei,
 non esiger di più. Voler ch’io t’ami
 è un volermi avvilita,
925e ch’io ti offenda, ingrata.
 L’un fa torto a l’onor, l’altro al dovere.
 Risparmia a la mia gloria
 un delitto e un rossor.
 OTTARO
                                           Facciasi; e serva (Levandosi con impeto)
 un amor disperato a tua fierezza.
930Col tuo bel nome in bocca,
 Sirita, ecco mi uccido. (In atto di volersi ferirsi)
 SIRITA
 Aimè! Del rischio andato
 sento or l’orrore. Aita Aita. Io manco. Io moro. (Mostra di svenire, lasciandosi cadere sopra uno sterpo)
 OTTARO
 Che veggio? Impallidita
935sviene. Già cade. O cieli! (Corre a sostenerla e le lascia cadere a’ piedi la spada)
 O in fosco orror sepolti,
 occhi, or vi apriste e morirei beato.
 Che tardo? Al vicin ri Umor vitale
 mi appresti il vicin rio... (Si allontana alquanto e Sirita allora si leva e con prestezza raccoglie di terra la spada caduta)
 SIRITA
940Ferma. Già il cor rinvenne. Ottaro, addio.
 
    Vivi, s’è ver che m’ami;
 stima e pietà ho per te;
 ma non sperar di più.
 
    Che se morir tu brami,
945vinto da rio furore,
 mostri aver poco amore
 e per meno di virtù.