Sirita, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA IX
 
 SIVALDO, OTTARO e SIRITA
 
 SIVALDO
810Ne l’applauso comun tu scorgi, o figlia,
 il comun voto e mio. Quegli, che offerse
 in due cimenti generoso e forte
 la sua per la tua vita,
 egli è l’eroe, chiaro di sangue e d’opre
815e per titoli illustre e per antico
 di stati ampio retaggio,
 Ottaro, a cui sol deve la Dania
 deve sua libertade, io mia grandezza.
 Regia o paterna autorità non uso;
820né t’impongo di amarlo. A te lo impone
 dover, virtù, riconoscenza e gloria.
 Seco ti lascio; e qual poc’anzi, ingrata
 non fuggir dal suo aspetto; odi il suo amore;
 e di nota sì nota sì turpe
825più non rimanga il tuo bel cor macchiato.
 Il cor più vile è quello de l’ingrato.
 
    Non parlo al tuo rigor.
 Consiglio a la tua gloria il suo dover.
 
    Da un re genitor,
830che prega e consiglia,
 può mai nobil figlia
 inganno temer?