Sirita, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA III
 
 ROMILDA e li suddetti
 
 ROMILDA
 Tosto, o signor...
 SIVALDO
                                 Romilda...
 ROMILDA
600Di Sirita in soccorso,
 rompi ogn’indugio.
 SIVALDO
                                      Sua sciagura intesi.
 ROMILDA
 Né corri a ripararla?
 SIVALDO
 Il tuo germano non la tolse a morte?
 ALINDA
 Giace l’estinta belva.
 ROMILDA
605Ma l’empio rapitor festeggia inulto.
 SIVALDO
 Qual rapitor? Che nuovo male arrechi?
 ROMILDA
 Iroldo...
 ALINDA
                  E che?
 ROMILDA
                                 D’armati cinto d’ar e d’armi,
 nel più folto del bosco
 rapì tua figlia.
 SIVALDO
                             Iroldo?
 ALINDA
610Cotanto osò?
 ROMILDA
                           Me, che tentai di oppormi,
 sì fiero risospinse
 che misurar, quant’era,
 mi misera convenne il terreno; e tal lasciommi.
 SIVALDO
 Donde fu al grave eccesso
615spinto il fellon?
 ROMILDA
                               Da speme
 d’involarne uno sguardo.
 ALINDA
                                                E l’ebbe?
 ROMILDA
                                                                    Appunto,
 qual se stretto in sue braccia
 un insensato avesse idolo e tronco.
 SIVALDO
 E al primo error novo delitto aggiugne,
620col non lasciarla in libertà?
 ROMILDA
                                                   Confida
 di espugnar col terror l’alma costante.
 SIVALDO
 Né lo sgomenta un genitor regnante?
 ALINDA
 La legge di Sirita è sua discolpa.
 SIVALDO
 No, legge non v’è mai che dal rispetto,
625che si deve al suo re, sciolga un vassallo.
 ALINDA
 L’amor d’Iroldo...
 SIVALDO
                                   Iroldo
 disperi del suo amor, tema il suo fallo.
 
    S’anche un guardo involerà,
 non avrà la sua mercede;
 
630   e in lui vendicherà padre regnante
 le colpe del vassallo e de l’amante.