Sirita, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA II
 
 ALINDA e SIVALDO
 
 SIVALDO
                                  Alinda,
 dove? E senza Sirita? Io che son padre...
 ALINDA
 L’esser di più padre, ah, quasi oggi perdesti.
 SIVALDO
 Salva è la figlia?
 ALINDA
                                 È salva
 ma per virtù di generoso amante.
 SIVALDO
520Respiro. Il caso narra,
 che quai piacciono a l’occhio
 i dipinti naufragi,
 son giocondi al pensiero i rischi andati.
 ALINDA
 Erasi dato il segno
525di lieta caccia. Alto sonava il bosco
 di gridi, urli e latrati,
 alor che che nel più chiuso odesi intorno
 rimbombar la foresta.
 Ed ecco uscirne minaccioso e torvo
530vasto cignal. L’orribil mole, il lungo
 fulmineo dente e gli occhi
 di foco scintillanti
 tremar fan l’alme più sicure e forti.
 Ei quasi disdegnoso
535di volgar preda, alla real tua figlia
 si avventa...
 SIVALDO
                         Ahi, che in udirlo inorridisco!
 ALINDA
 Sirita, il volto scolorita alquanto,
 si fa core nel periglio.
 Non può arretrarsi; e non si arretra. Il dardo
540drizzagli in fronte e ’l ferro,
 dove l’occhio segnò, vola e colpisce.
 Ma che? Di sangue asciutto
 torna lo stral, qual se colpito avesse
 infrangibil metallo.
545L’irato mostro, a lei già presso, arruota [illeggibile]
 morso letale al bianco petto; ed ella,
 in volendo ritrarsi, inciampa e cade.
 SIVALDO
 Misero me!
 ALINDA
                         La sua caduta a morte
 fu che la tolse, poiché il dente acuto
550sol della vesta il lembo
 squarcia in gran parte e a lei non reca offesa.
 Non si ferma il feroce. A lei già è sopra...
 SIVALDO
 Deh, libera il mio cor dal grave af. Chi la soccorse?
 ALINDA
 Ottaro fu. L’invitto
555corse, volò, snudò l’acciaro; al mostro
 pria ne l’aperta gola, indi nel ventre
 e tre volte lo spinse e tre lo ascose,
 sinché batter, spumando orribilmente,
 gli fe’ la terra con mortal percossa.
 SIVALDO
560Tutelar genio de la Dania e mio!
 Al suo liberator grata già attendo
 volger la figlia il guardo.
 ALINDA
                                               Odi e stordisci.
 Stava a la pugna inteso
 l’eroe. Sirita intanto
565s’alza, raccoglie l’armi, il dubbio mira
 cimento; e stassi in atto,
 non di fuggir, ma di tentar sua possa.
 Oh, se a lui spazio alora
 fosse rimasto di guardarla in volto,
570fra loro, io ne son certa,
 riscontrato si fora occhio con occhio
 e ad un punto egli dome avria due fere.
 Ma stesa al appena al suolo
 l’immane belva, a la real donzella
575il vincitor si appressa;
 né quel parea; tremante,
 chiede di sua salute; e che gradisca,
 priegala, un atto di dover, d’amore.
 SIVALDO
 Che fe’? Che disse? Che rispose alora?
 ALINDA
580Fisa le luci a terra:
 «Prode» li disse «a te mia vita io deggio.
 De l’opra illustre ricompensa attendi
 e dal cielo e dal padre».
 Mosse, ciò detto, entro la selva il passo,
585ratta così che parea strale e vento,
 e lui lasciò che parea gelo e sasso.
 SIVALDO
 Misero prence! Sconoscente figlia!
 ALINDA
 Dietro l’orme di lei corse Romilda.
 Io più lontana e del timor passato
590ripiena ancor, spirto non ebbi e lena
 di più seguirla.
 SIVALDO
                               Al rischio
 tolta la veggo e pur rimango in pena.
 
    Superba e ria beltà,
 non macchia tua onestà l’essere amata;
595ma offende tua virtù l’essere ingrata.
 
    Se al basso e indegno amante
 usi rigor crudel, sei giusta e forte,
 se al nobile e fedel, vile e ostinata.