Ifigenia in Aulide, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIV
 
 ACHILLE, CLITENNESTRA e IFIGENIA
 
 CLITENNESTRA
820La più misera donna,
 la più dolente madre,
 deh, permetti, o signor, ch’umile a terra
 le tue ginocchia abbracci. (S’inginocchia)
 ACHILLE
 Regina...
 CLITENNESTRA
                    Ah! Mi rammenta
825la mia miseria e non l’altezza mia.
 Madre sì sfortunata
 può cadere al tuo piè senza arrossire.
 ACHILLE
 O sorgi o partirò, che non conviene (Clitennestra si leva)
 al tuo stato né al mio soffrirti in atto
830di soverchia umiltade.
 CLITENNESTRA
 Signor, questa è tua sposa.
 Io per te la educai. Qui a’ tuoi sponsali
 la guidò l’amor mio; ma l’infelice
 qui da barbaro padre è a te rapita;
835e qui l’ha tratta il sol tuo nome a morte.
 Tu la difendi e salva. O dio! Per questa
 vincitrice tua destra e per la tua
 immortal genitrice, ancor ti prego;
 il tuo amore le fia
840e padre e sposo e tempio e asilo e nume.
 Se l’abbandoni, è morta Ifigenia.
 ACHILLE
 Non morirà. Meco risparmia i pianti.
 Piangendo offendi e mal conosci Achille.
 IFIGENIA
 (Per mia cagion risse preveggo e mali).
 CLITENNESTRA
845Mi consola il tuo amor. Figlia, rimani
 qui col tuo sposo. Io corro
 ove il dolor mi chiama, ove il furore.
 Omai cerchi Calcante
 altra vittima al nume; o a piè dell’ara
850vedrà il crudel, vedran le greche squadre
 pria della figlia oggi cader la madre.
 
    O vincerò d’un perfido, (Ad Ifigenia)
 che a morte ti condanna,
 la legge empia e tiranna;
855o teco io morirò.
 
    Ma se il tuo cor, che freme (Ad Achille)
 d’un’ira generosa,
 difenderà la sposa,
 io madre ancor sarò.