Ifigenia in Aulide, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VI
 
 ELISENA e poi TEUCRO
 
 ELISENA
 Rapitemi a me stessa, o furie, o pene.
 Lasciarmi in vita è la miseria estrema.
 Morirò sì; ma prima, alme superbe,
625feroce, inesorabile, tremenda,
 del vostro letto agiterò le faci,
 onde torbida luce a voi ne scenda.
 TEUCRO
 Mia principessa...
 ELISENA
                                    Teucro,
 eccomi tua, se m’ami. Ecco la destra.
 TEUCRO
630Cangi sì tosto affetti?
 ELISENA
 Ad Achille mi tolse ira e dispetto;
 ed a Teucro mi dona amore e fede.
 TEUCRO
 Cara destra, in te bacio un sì bel dono.
 ELISENA
 Ora vedrò se il donator t’è caro.
 TEUCRO
635Che far degg’io per meritarti?
 ELISENA
                                                         Il nodo
 sciorre d’Ifigenia col fiero Achille.
 TEUCRO
 Difficile cimento alla mia fede.
 ELISENA
 Tutto può chi ben ama e tutto ardisce.
 TEUCRO
 Il tempio e l’ara all’imeneo s’appresta.
 ELISENA
640Anche in porto talor nave s’affonda.
 Credilo, sì vicino
 non è Achille a goder. V’è qualche arcano
 che ancor non ben intendo.
 Agamennone è afflitto, Achille in pena.
645Delusa è Ifigenia. Medita ad Argo
 Clitennestra il ritorno.
 Tu, che del saggio Ulisse hai l’amistade,
 cerca scoprirne in sì folte ombre il vero.
 Udisti? Io non dispero,
650se hai fede, se valore e se ardimento,
 veder me vendicata e te contento.
 
    Non vo’, se deggio piangere,
 sola piangere e invendicata.
 
    Tu consola e tu difendi
655il mio sdegno ed il tuo amore;
 mostra fede; e poi m’attendi
 non spergiura e non ingrata.