Ifigenia in Aulide, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA X
 
 AGAMENNONE e ULISSE
 
 AGAMENNONE
325Eccomi al duro passo
 che sì temei. Deluse
 son l’arti mie. Non mi giovò accortezza
 contra le insidie di fortuna avversa.
 Ahi! Con qual volto incontrerò la moglie?
330Ahi! Con qual core abbraccerò la figlia?
 Misere! A liete nozze
 voi qui guida un mio cenno e avrete morte,
 due vittime ad un tempo
 cadrete, o dio! che l’una il ferro e l’altra
335ucciderà l’affanno;.
 e dall’uno e dall’altro io poi trafitto,
 morrò con voi. Deh! Ulisse,
 abbimi almen pietade e scusa il pianto.
 Se piango re, son vile
340ma, se padre non piango, io son crudele.
 ULISSE
 Signor, son padre anch’ io. Giusto è il tuo duolo;
 ma che? Dove il lagnarsi al mal non giova,
 mostri senno e valore uom saggio e forte.
 AGAMENNONE
 Ulisse, un buon consiglio è agevol cosa.
345Ma, se qui del tuo figlio
 si agitasse il destin, non so se tanto
 saresti forte.
 ULISSE
                          Il colpo
 fatto è necessità. Giunta è l’attesa
 vittima. Il sa Calcante.
350Tu l’hai giurato.
 AGAMENNONE
                                E la darò. S’innalzi
 l’infausto altare. In breve
 io vi trarrò la misera. Ma intanto
 fa’ che taccia Calcante; e ad una madre
 si occulti il sacrifizio.
355Temo l’ire feroci
 del suo dolor. Deh! Pria restassi estinto.
 ULISSE
 Vinta è già Troia, or che te stesso hai vinto.
 
    Veggo già che ai greci legni
 spira il vento, il mar s’inchina;
360e già trema alla vicina
 sua caduta Ilio orgoglioso.
 
    Ma se l’Asia andrà sconfitta,
 se d’invitta
 avrà Grecia un maggior grido,
365tutto tutto
 sarà gloria e sarà frutto
 del tuo cor sì generoso.