Ifigenia in Aulide, Vienna, van Ghelen, 1718

 SCENA VI
 
 ELISENA e poi TEUCRO
 
 ELISENA
620Rapitemi a me stessa, o furie, o pene.
 Lasciarmi il giorno è la miseria estrema.
 Morirò, sì; ma prima, alme superbe,
 feroce, inesorabile, tremenda,
 del vostro letto agiterò le faci,
625onde torbida luce a voi ne scenda.
 TEUCRO
 Mia principessa...
 ELISENA
                                    Teucro,
 eccomi tua, se m’ami. Ecco la destra.
 TEUCRO
 Cangi sì tosto affetti?
 ELISENA
 Ad Achille mi tolse ira e dispetto;
630ed a Teucro mi dona amore e fede.
 TEUCRO
 Cara destra, in te bacio un sì bel dono.
 ELISENA
 Ora vedrò se il donator ti è caro.
 TEUCRO
 Che far degg’io per meritarti?
 ELISENA
                                                         Il nodo
 sciorre d’Ifigenia col fiero Achille.
 TEUCRO
635Difficile cimento a la mia fede.
 ELISENA
 Tutto può chi ben ama e tutto ardisce.
 TEUCRO
 Il tempio e l’ara a l’imeneo si appresta.
 ELISENA
 Anche in porto talor naufraga il pino.
 Credilo, sì vicino
640non è Achille a goder. V’è qualche arcano
 che ancor non ben intendo.
 Agamennone è afflitto, Achille in pena.
 Delusa è Ifigenia. Medita ad Argo
 Clitennestra il ritorno.
645Tu, che del saggio Ulisse hai l’amistade,
 cerca scoprirne in sì folt’ombre il vero.
 Udisti? Io non dispero,
 se hai fede, se valore e se ardimento,
 veder me vendicata e te contento.
 
650   Non vo’, se deggio piangere,
 sola piangere e invendicata.
 
    Tu consola e tu difendi
 il mio sdegno ed il tuo amore;
 mostra fede; e poi m’attendi
655non spergiura e non ingrata.