Alessandro Severo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XII
 
 GIULIA e i suddetti
 
 GIULIA
 Alla mensa, alla mensa. I gravi affetti
 stien lungi e ilarità condisca i cibi.
 ALESSANDRO
 I miei laverà il pianto.
 GIULIA
750Duce, con noi ti affidi.
 MARZIANO
 Al grande onor sol tua bontà m’innalza.
 GIULIA
 Ma Sallustia ritrosa
 al ministero imposto? Io non la veggo.
 SALLUSTIA
 L’hai pronta, umil tua serva.
 GIULIA
                                                      Il gioco e il riso
755alla mensa real scherzino intorno;
 e si disciolga in liete danze il piede. (Siedono a mensa Giulia, Alessandro e Marziano e poi segue il ballo)
 Del più dolce Falerno
 empietemi la tazza, onde dal seno
 certa ne sgombri incognita amarezza.
 MARZIANO
760(Or punita vedrò la tua fierezza).
 SALLUSTIA
 (Eccomi al gran cimento. Alma, sta’ forte).
 Guardati. Al primo sorso
 nella tazza letal berrai la morte.
 ALESSANDRO
 Che sento?
 MARZIANO
                        (O dei!) (Tutti levandosi)
 GIULIA
                                          Son queste
765di Tebe e di Tieste
 l’orride cene?
 SALLUSTIA
                            È di mortal veleno
 misto il dolce liquor che ti si porge.
 Fanne barbara prova
 in chi di morte è reo;
770e se di me non trovi
 chi più colpevol sia dentro il tuo core,
 porgilo a me che almeno
 finirò con la morte il mio dolore.
 MARZIANO
 (O troppo incauta figlia! E come il seppe?)
 ALESSANDRO
775Madre, la tua salvezza
 devi a tanta virtù. Deh, placa l’ire.
 GIULIA
 Dal caso atroce istupidita io sono.
 A me tosco? A me morte? Ah, da qual mano,
 da qual core esce il colpo?
780Tu che salvi i miei giorni,
 svelami ’l traditor. Da un’altra morte,
 che mi dà un rio timor, Giulia difendi.
 Se il reo mi occulti, il benefizio offendi.
 SALLUSTIA
 (Giulia è difesa. Or non si accusi ’l padre).
 GIULIA
785Parla, Sallustia, e attendi
 dal mio grato dover ciò che più brami.
 SALLUSTIA
 Ciò che più bramo è che nel cor sepolto
 mi resti ’l grande arcano;
 parlai non chiesta; tacerò costretta;
790e il mio forte silenzio
 sarà dovere e tu il dirai vendetta.
 GIULIA
 Non aspettar ch’io scenda,
 dopo un comando, alla viltà de’ preghi.
 Molto sperar, se parli,
795e puoi molto temer, se dura il neghi.
 SALLUSTIA
 Vane son le lusinghe e le minacce.
 Parlai per zelo e taccio per virtude.
 GIULIA
 Sarà virtù celarmi un traditore?
 SALLUSTIA
 Già dissi ’l tradimento e ti salvai.
 GIULIA
800Chi asconde il reo, l’altrui delitto approva.
 SALLUSTIA
 Ciò che già oprai, di mia innocenza è prova.
 ALESSANDRO
 Deh, salvami la madre e parla, o cara.
 SALLUSTIA
 La madre ti salvai. Più dir non posso.
 GIULIA
 O protervo silenzio!
805Tutto per te si fa mio rischio. Io temo
 de’ miei più cari. Temo
 e ministri e custodi
 e Marziano e quanto veggio e penso.
 Che più? Nel mio periglio
810mi è oggetto di spavento insino il figlio.
 MARZIANO
 Lasciatemi, o dell’alma
 stupidezze e ribrezzi. È tempo alfine
 che a figlia sì ostinata
 favelli ’l padre. Guardami e ravvisa
815chi ti parla e a chi parli.
 Da me forse col sangue e con la vita
 ricevesti l’esempio
 di reità, di fellonia proterva?
 SALLUSTIA
 (Anche il padre a’ miei danni?)
 MARZIANO
820Su, parla; e dall’infamia
 purga il mio sangue e l’onor mio. Che tardi?
 Nova colpa diventa ogni dimora.
 Parla; tel chiede un padre.
 Ma prima di parlar guardami ancora.
 SALLUSTIA
825Padre, che dir poss’io? Sono innocente;
 e rio destin vuol che colpevol sembri.
 È delitto il silenzio; è colpa il dire.
 Altro non resta a me, se non morire.
 GIULIA
 E ben, morrai, superba. Alle mie stanze
830guidatela, o custodi. Ivi dal seno
 a forza ti trarrò l’alma o l’arcano.
 SALLUSTIA
 Quella il puoi far. Questo lo speri invano.
 
    La mia augusta è mia tiranna.
 Anche il padre mi condanna.
835Altro scampo non ho
 che l’innocenza.
 
    Ma in tanta crudeltà
 forte mi troverà
 la ria sentenza.