Alessandro Severo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 ALESSANDRO e GIULIA
 
 ALESSANDRO
570Madre, pietà.
 GIULIA
                            Col torti
 dal fianco di costei ti uso pietade.
 ALESSANDRO
 In che peccò la misera innocente?
 GIULIA
 La giudichi col tuo, non col mio core.
 ALESSANDRO
 L’amai per tuo comando.
 GIULIA
575Ora è comando mio che più non l’ami.
 ALESSANDRO
 Temi dunque il mio amor?
 GIULIA
                                                    Temo il suo fasto.
 Mi tolse il grado mio. Può tormi ’l figlio.
 Vada, vada in esiglio.
 ALESSANDRO
 Madre, ognor ti amerò. Troppo ti deggio.
 GIULIA
580Dovea molto alla madre anche Nerone;
 e pur materno sangue
 spruzzò il trono de’ cesari.
 ALESSANDRO
                                                  Quell’empio
 forse son io?
 GIULIA
                          Nol sei;
 ma un amor da Poppea temo in costei.
585Vada pure al suo bando.
 Il Senato lo approva. Io lo comando.
 ALESSANDRO
 Nulla potrà un augusto?
 GIULIA
                                              Io tal ti feci.
 ALESSANDRO
 Mi servirò del mio poter.
 GIULIA
                                                Su via,
 si ritratti ’l ripudio e la sentenza.
590Torni la sposa e vi anderà la madre.
 ALESSANDRO
 (O implacabile cor!) Lacrime e preghi...
 GIULIA
 Non giovano.
 ALESSANDRO
                           Il mio sangue
 giovi dunque a placarti. Io corro al lido;
 e colà, sciolto il fatal legno appena,
595o questo ferro immergerò nel petto
 o me ancor rapiran l’onde frementi.
 GIULIA
 (Oimè! Di spaventarmi
 si è trovata la via). Ferma, o spietato.
 ALESSANDRO
 Non si può tor la morte a un disperato.
 GIULIA
 
600   Ferma... Ascolta...
 
 ALESSANDRO
 
    Non ascolto che il tuo sdegno;
 seguo solo il mio dolore.
 
    Odio il giorno, abborro il regno
 e il dolor divien furore.