Alessandro Severo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 SALLUSTIA e GIULIA
 
 GIULIA
380Chi non ebbe alma saggia,
 nella prospera sorte,
 abbia ne’ casi avversi anima forte.
 SALLUSTIA
 Augusta.
 GIULIA
                    Il cor disponi al grave colpo
 che sul capo a te pende,
385a te di Roma imperatrice e sposa.
 SALLUSTIA
 Sol tua mercé...
 GIULIA
                               Te ne abusasti, ingrata,
 e la pena or ne avrai.
 SALLUSTIA
 Ingrata! In che peccai?
 GIULIA
 Prendi e leggi, infelice, (Le dà il foglio del ripudio)
390che né sposa più sei né imperatrice.
 SALLUSTIA
 Sposa non son?
 GIULIA
                               Né augusta.
 Leggi.
 SALLUSTIA
               «Moglie ed augusta (Legge)
 più Sallustia non sia. Già la ripudio.
 Vada lungi dal Tebro;
395e nell’Affrica adusta
 tragga miseri giorni in duro esiglio.
 Alessandro». Alessandro?
 Ripudio a me?
 GIULIA
                              Sì, a te, femmina altera,
 dà ripudio Alessandro; a te dà esiglio,
400a te non più marito, a me ancor figlio.
 La sua destra il segnò. (Le leva la sentenza di mano)
 SALLUSTIA
                                            Non il suo core,
 ch’ei deluso da te soscrisse il foglio.
 GIULIA
 E con la frode io castigai l’orgoglio.
 Che pensavi, o superba?
405Tormi giù da quel trono, ov’io ti posi?
 E su le mie rovine
 più ferma stabilir la tua fortuna?
 Tu usurpar, con qual merto,
 le mie insegne, i miei titoli, il mio trono?
410Sola di Roma imperatrice io sono.
 SALLUSTIA
 Cadan su le mie tempia,
 non che i fulmini tuoi, quelli di Giove,
 se mai punse quest’alma amor d’impero.
 L’unico voto mio, tutto il mio fasto
415era Alessandro. Augusta,
 lasciami ’l mio Alessandro; altro non chiedo.
 GIULIA
 Ciò che appunto più temo, è quel che chiedi.
 Con qual’armi potresti a me far guerra
 che con l’amor del figlio?
420No no, più nol vedrai. Vanne in esiglio.
 SALLUSTIA
 Più nol vedrò?
 GIULIA
                              Già la sentenza è scritta.
 Vanne, misera, vanne
 nelle libiche arene,
 sol di mostri feconde. Ivi al mio core
425di Sallustia non fia mostro peggiore.
 
    Beltà più vezzosa,
 più tenera sposa
 ma meno superba
 al figlio darò.
 
430   Al talamo eccelso
 di augusto regnante
 un vago sembiante
 mancar mai non può.