Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 SCENA XII
 
 GIULIA e li suddetti
 
 GIULIA
 A la mensa, a la mensa. I gravi affetti
 stien lungi e ilarità condisca i cibi.
 ALESSANDRO
750I miei laverà il pianto.
 GIULIA
 Duce, con noi ti affidi.
 MARZIANO
 Al grande onor sol tua bontà m’innalza.
 GIULIA
 Ma Sallustia ritrosa
 al ministero imposto? Io non la veggo.
 SALLUSTIA
755L’hai pronta, umil tua serva.
 GIULIA
                                                      Il giuoco e ’l riso
 a la mensa real scherzino intorno;
 e si disciolga in liete danze il piede. (Siedono a mensa Giulia, Alessandro e Marziano e poi segue il ballo)
 Del più dolce Falerno
 empietemi la tazza, onde dal seno
760certa ne sgombri incognita amarezza.
 MARZIANO
 (Or punita vedrò la tua fierezza).
 SALLUSTIA
 (Eccomi al gran cimento. Alma, sta’ forte).
 Guardati. Al primo sorso
 ne la tazza letal berrai la morte.
 ALESSANDRO
765Che sento?
 MARZIANO
                        (O dei!) (Tutti levandosi)
 GIULIA
                                          Son queste
 di Tebe e di Tieste
 l’orride cene?
 SALLUSTIA
                            È di mortal veleno
 misto il dolce liquor che ti si porge.
 Fanne barbara prova
770in chi di morte è reo;
 e se di me non trovi
 chi più colpevol sia dentro il tuo core,
 porgilo a me che almeno
 finirò con la morte il mio dolore.
 MARZIANO
775(O troppo incauta figlia! E come il seppe?)
 ALESSANDRO
 Madre, la tua salvezza
 devi a tanta virtù. Deh! Placa l’ire.
 GIULIA
 Dal caso atroce istupidita io sono.
 A me tosco? A me morte? Ah! Da qual mano,
780da qual core esce il colpo?
 Tu che salvi i miei giorni,
 svelami il traditor. Da un’altra morte,
 che mi dà un rio timor, Giulia difendi.
 Se il reo mi occulti, il beneficio offendi.
 SALLUSTIA
785(Giulia è difesa. Or non si accusi il padre).
 GIULIA
 Parla, Sallustia, e attendi
 dal mio grato dover ciò che più brami.
 SALLUSTIA
 Ciò che più bramo è che nel cor sepolto
 mi resti il grande arcano;
790parlai non chiesta; tacerò costretta;
 e ’l mio forte silenzio
 sarà dovere e tu ’l dirai vendetta.
 GIULIA
 Non aspettar ch’io scenda,
 dopo un comando, a la viltà dei prieghi.
795Molto sperar, se parli,
 e puoi molto temer, se dura il nieghi.
 SALLUSTIA
 Vane son le lusinghe e le minacce.
 Parlai per zelo e taccio per virtude.
 GIULIA
 Sarà virtù celarmi un traditore?
 SALLUSTIA
800Già dissi il tradimento e ti salvai.
 GIULIA
 Chi asconde il reo, l’altrui delitto approva.
 SALLUSTIA
 Ciò che già oprai, di mia innocenza è prova.
 ALESSANDRO
 Deh! Salvami la madre e parla, o cara.
 SALLUSTIA
 La madre ti salvai. Più dir non posso.
 GIULIA
805O protervo silenzio!
 Tutto per te si fa mio rischio. Io temo
 de’ miei più cari. Temo
 e ministri e custodi
 e Marziano e quanto veggio e penso.
810Che più? Nel mio periglio
 mi è oggetto di spavento insino il figlio.
 MARZIANO
 Lasciatemi, o de l’alma
 stupidezze e ribrezzi. È tempo alfine
 che a figlia sì ostinata
815favelli il padre. Guardami e ravvisa
 chi ti parla e a chi parli.
 Da me forse col sangue e con la vita
 ricevesti l’esempio
 di reità, di fellonia proterva?
 SALLUSTIA
820(Anche il padre a’ miei danni?)
 MARZIANO
 Su, parla; e da l’infamia
 purga il mio sangue e l’onor mio. Che tardi?
 Nuova colpa diventa ogni dimora.
 Parla; tel chiede un padre.
825Ma prima di parlar guardami ancora.
 SALLUSTIA
 Padre, che dir poss’io? Sono innocente;
 e rio destin vuol che colpevol sembri.
 È delitto il silenzio; è colpa il dire.
 Altro non resta a me, se non morire.
 GIULIA
830E ben, morrai, superba. A le mie stanze
 guidatela, o custodi. Ivi dal seno
 a forza ti trarrò l’alma o l’arcano.
 SALLUSTIA
 Quella il puoi far. Questo lo speri invano.
 
    La mia augusta è mia tiranna.
835Anche il padre mi condanna.
 Altro scampo non ho
 che l’innocenza.
 
    Ma in tanta crudeltà
 forte mi troverà
840la ria sentenza.