Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 SCENA II
 
 GIULIA con seguito e detti
 
 GIULIA
 Eccomi in tuo soccorso, eccomi, o figlio.
 ALESSANDRO
520Madre.
 GIULIA
                 Costei t’insidia;
 e con le sue lusinghe
 o ti rende infelice o ti vuol reo.
 Vanne, o donna, al tuo esiglio.
 Degna di te già l’Affrica ti attende.
525Son questi i tuoi custodi.
 SALLUSTIA
 Parto, mia augusta, parto.
 Solo pria di partir lascia ch’io baci
 la man che mi condanna.
 GIULIA
 Questa mano altre volte
530ti diè scettro e corona.
 SALLUSTIA
                                           Or la corona
 ripigliati e lo scetro.
 GIULIA
                                       Ella sul trono
 de’ cesari ti pose.
 SALLUSTIA
                                   Io ne discendo;
 né mi costa il lasciarlo
 una lagrima sola.
 GIULIA
535Ella il mio cor... Ma, ingrata,
 che più darti potea dopo il mio figlio?
 SALLUSTIA
 E questo, e questo è il dono
 che in perderlo mi costa e pianto e sangue.
 Vedilo, eccelsa madre. Io te lo rendo;
540e tel rendo innocente
 né d’altra colpa reo
 che di aver troppo amata un’infelice.
 ALESSANDRO
 L’ascolto e vivo?
 SALLUSTIA
                                 Augusta,
 a l’amor tuo lo lascio.
545Tu lo consola. Al vedovo suo letto
 scegli sposa più degna e più gentile.
 Questo il puoi far, ma più fedel non mai,
 che troppo, idolo mio, troppo t’amai.
 GIULIA
 Se la virtù, che hai nel tuo fato avverso,
550tra le prosperità serbata avessi,
 misera or non saresti.
 Io ti ho qualche pietà; ma a te più fasto,
 a me daria più tema
 un facile perdono.
555Vattene. Al tuo destino io ti abbandono.
 SALLUSTIA
 Addio, augusta; addio, sposo. Ah! Mi perdona,
 se ancor mi uscì dal labbro il dolce nome,
 nome che mai non mi uscirà dal core.
 Questa è l’ultima volta
560che il posso dir. Vado al mio duro esiglio.
 Là farò voti al cielo
 e per Roma e per Giulia e per il figlio.
 ALESSANDRO
 Tu parti, idolo mio?
 SALLUSTIA
 
    Io ti lascio, o sposo amato;
565dar vorrei l’ultimo amplesso;
 ma mi basta un guardo solo.
 
    Fa’ che almen mi sia concesso
 il saper che vivi e regni
 sposo altrui più fortunato;
570né saprai tu ’l mio gran duolo.