Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 SCENA XI
 
 Giardini.
 
 CLAUDIO e ALBINA
 
 CLAUDIO
 Tu Albina? Eh! Non è ver.
 ALBINA
                                                  Beltà, che amasti,
 così presto scordasti?
 CLAUDIO
 Di Albina le sembianze
 vivono nel mio cor; ma tu non l’hai.
 ALBINA
330Mira attento il mio volto
 che, se non l’ha trasfigurato il duolo,
 l’orme ancor ci vedrai de’ tuoi sospiri.
 CLAUDIO
 Altre chiome, altre luci avea la bella,
 altro aspetto, altro senno... Eh! Non sei quella.
 ALBINA
335Quella non son? T’intendo.
 Te incostante amator stringe altro laccio.
 Sempre nel nuovo oggetto
 ritrova l’infedel beltà maggiore.
 S’io la prima non fossi, or la più bella,
340perfido, mi diresti; e sarei quella.
 CLAUDIO
 T’inganni. Albina; il primo,
 Albina il solo amor fu di quest’alma;
 e s’io dovessi amar, fuori di lei
 altra non amerei.
 ALBINA
345Perché dunque sprezzar chi sì ti piacque?
 CLAUDIO
 Chi vuol gloria ottener, scuota d’amore
 il tirannico giogo. Io gloria cerco.
 ALBINA
 E ti par gloria, iniquo,
 mancar di fé? Di semplici donzelle
350sedur gli affetti e poi schernirli? Questi
 son del Tebro gli eroi?
 Son queste le tue glorie? I fasti tuoi?
 CLAUDIO
 Non è poca fortezza
 vincer i bassi affetti. Ho sciolto il nodo
355e di mia libertà trionfo e godo.
 ALBINA
 Godi pure e trionfa;
 ma senti; io qui non venni
 per vedermi tradita e per soffrirlo.
 Qualche momento ancora
360lascio a l’empio tuo cor, pria di punirlo.
 CLAUDIO
 
    Posso amar ma sol per poco,
 così amor non è viltà.
 
    Lunga fede è un lungo affanno.
 Servir sempre al suo tiranno
365è un obblio di libertà.