Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 SCENA VI
 
 ALESSANDRO con seguito, CLAUDIO e SALLUSTIA
 
 ALESSANDRO
 Le suppliche vassalle
160qui son raccolte. È padre
 de’ popoli il regnante.
 Quel giorno, in cui non sono
 o benefico o giusto,
 da’ miei fasti si escluda. Io l’ho perduto. (Va a sedere al tavolino)
 SALLUSTIA
165Te del genere umano
 la delizia e l’amor chiaman le genti.
 ALESSANDRO
 E tu, Sallustia, sei
 la delizia e l’amor del tuo Alessandro.
 Al mio fianco ti assidi.
 SALLUSTIA
                                            Amato sposo.
 ALESSANDRO
170Alle scarse ricolte, onde la fame
 preme l’itale terre,
 la Sicilia provvegga
 ma col pubblico erario.
 SALLUSTIA
 Clemente e generoso.
 CLAUDIO
175Tra l’armi a Pompeiano
 e sotto l’elmo incanutì la fronte.
 Chiede riposo.
 ALESSANDRO
                              E l’abbia e doppio goda
 il militar stipendio.
 SALLUSTIA
 Mercede al suo valor, sprone a l’altrui.
 ALESSANDRO
180Claudio, questo è tuo foglio. A me che chiedi?
 CLAUDIO
 Partir di Roma al nuovo sol col campo.
 Desio di gloria ivi mi chiama a l’armi.
 SALLUSTIA
 Claudio, tua fé mi è cara. Anche sul Tebro,
 da chi a cesare è fido, onor si acquista.
185Resti in Roma. Io ten priego. (Ad Alessandro)
 (Così servo ad Albina).
 ALESSANDRO
 Seguasi il tuo voler. Claudio, ti eleggo
 duce de’ miei custodi.
 CLAUDIO
 Mi onora il grado. (Sofferenza, o core.
190È pago il fasto ed io volea l’onore).