Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 SCENA V
 
 SALLUSTIA e la suddetta
 
 ALBINA
 O de l’alta tua sorte
 ben degna sposa, ecco al tuo piè s’inchina...
 SALLUSTIA
 Qual sembiante? Qual voce?
 ALBINA
 La sfortunata, a te ben nota, Albina.
 SALLUSTIA
115Albina, amica... E quando in Roma e come
 sotto ammanto viril?
 ALBINA
                                         T’apro il mio core.
 Sai ch’io sono a Sulpicio,
 che proconsolo regge
 la vassalla Sicilia, unica figlia.
120In quell’età, dove sovente amore
 l’incaute giovanette
 prende a’ suoi lacci e di sue fiamme accende,
 vidi Claudio e l’amai.
 SALLUSTIA
                                          Claudio mi è noto.
 ALBINA
 Ei pur mi amò. Fede giurommi. Il padre
125intese i nostri affetti e piacer n’ebbe.
 Un cesareo comando
 tutto turbò. De la Sicilia eletto
 fu proconsolo il padre. A me convenne
 seguirlo e lasciar Claudio, ahi! con qual pena!
130Mutai cielo e fortuna.
 Colà dal genitore
 mi fu scelto altro sposo.
 Piansi; pregai; mi opposi;
 tutto fu invano. A l’imeneo funesto
135non trovando altro scampo,
 lo cercai ne la fuga.
 Nome e sesso mentii. Mar, piano e monte
 varcai; cotanto ardita amor mi fece.
 Giungo al Tebro; entro in Roma;
140e di Claudio non cerco;
 cerco di augusta al piè, china e prostesa,
 la mia pace, il mio ben, la mia difesa.
 SALLUSTIA
 E qual chiedi l’avrai. Claudio ti è fido?
 ALBINA
 Un anno di costanza
145in uom si può sperar? Scrissi; spedii;
 non badò a messi; non rispose a fogli.
 SALLUSTIA
 Ma se ’l trovi infedel, tu che far pensi?
 ALBINA
 Racquistarlo o punirlo.
 Deh! Finch’io sia contenta o vendicata,
150chiudi in te il mio destin, taci il mio sesso.
 Amor, rischio ed onor così richiede.
 SALLUSTIA
 Giuro un sacro silenzio a la tua fede.
 ALBINA
 
    Non vo’ che un infedele
 si vanti de’ miei pianti
155e scherzi al mio martoro.
 
    D’ira e di ferro armata,
 saprò quell’alma ingrata
 punir, se ben l’adoro.