L’Atenaide, Venezia, Pasquali, 1744 (Atenaide)

 SCENA II
 
 EUDOSSA, PROBO e i suddetti
 
 VARANE
585(O dei! La mia Atenaide
 veggo in Eudossa?)
 EUDOSSA
                                      (Oimè, Varane!)
 TEODOSIO
                                                                       Questa, (A Varane)
 principe, è la mia Eudossa; e questi, o sposa, (Ad Eudossa)
 è il principe Varane.
 EUDOSSA
 (Che mai dirò?)
 VARANE
                                 (Son io ben desto? I sensi
590traveggon forse?) Eudossa, Eudossa è questa? (A Probo)
 PROBO
 Scelta all’augusto trono.
 TEODOSIO
                                              E scelta al nostro
 marital letto, imperatrice e sposa.
 VARANE
 Ma come?... Ah Probo!... E sarà ver?... Son morto.
 TEODOSIO
 (Quale stupor? Tanto sorprende i cori
595la beltà di quel volto?)
 E tu, cara, i begli occhi (Ad Eudossa)
 alza dal suolo, ove gli tieni affissi;
 e in aver sì gran prence
 spettator di tue nozze,
600non arrossir. Stendi la destra. Ei stesso
 seguirà al tempio i nostri passi. Andiamo.
 VARANE
 Che? Seguirvi Varane? Questi lumi
 saranno il testimon d’un imeneo...
 No... Prima... Ah, giusti dei!...
605Con qual fulmine orrendo
 prendeste ad atterrar la mia costanza?
 TEODOSIO
 Che ascolto? A quai trasporti
 si dà in preda il tuo labbro?
 Qual turbamento è il tuo?
610Tu impallidisci? E tu pur anche, Eudossa?
 Perché? Parla, onde mai? Svela l’arcano.
 EUDOSSA
 Sire... (Mi manca il cor).
 VARANE
                                               Parli, o Teodosio,
 parli Varane. È vero,
 non son più di me stesso.
615Le pene e i turbamenti
 nascono in me da quel fatale oggetto...
 Oh dio! ... Misero core!... È forza, o sire,
 ch’io ceda al mio dolore.
 Sento che, nell’indugio,
620la mia stessa ragion divien furore.
 
    Tu non m’intendi, no;
 ma intendermi non so
 né meno io stesso.
 
    Con fiera tirannia
625da gelosia, da amor,
 da sdegno e da dolor
 mi sento oppresso.