Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 MEROPE fra guardie e i suddetti
 
 MEROPE
 Merope non aspetta
 d’esser tratta a morir. Libera viene;
 né vuol la regal mano
1530l’oltraggio sofferir di tue catene.
 Su, dov’è la mia morte?
 Da chi l’avrò? Da scure? Io stendo il capo;
 da ferro? Io porgo il seno.
 Sia tosco, fiamma sia, laccio, ruina,
1535qualunque sia, messeni,
 morirò sì; ma morirò regina.
 POLIFONTE
 Tu ostenti per virtù la tua fierezza.
 Ma farò ch’ella tremi.
 Vedi. Colà svenato,
1540e svenato da te, giace il tuo figlio.
 Apri l’infausta scena e fissa un guardo
 su quelle, che pur sono
 trofeo di tua barbarie, orride piaghe.
 Se poi tarda pietà ti chiama ai baci,
1545baciale pur ma con quai leggi or senti;
 sul freddo busto esangue
 mano a man, seno a seno e bocca a bocca
 ti leghino, o crudel, ferree ritorte;
 e tal vivi, sintanto
1550che il cadavere istesso a te dia morte.
 LICISCO
 Sacrilego!
 TRASIMEDE
                      Inumano!
 MEROPE
 Che ascolto! Oimè! Nell’alma
 per qual via non usata entra l’orrore!
 Averno non l’avea, l’ha Polifonte.
 POLIFONTE
1555E per Merope l’abbia.
 Via, che più tardi?
 MEROPE
                                     Al tuo furor si serva.
 Chi sa che al primo sguardo, al primo bacio
 non mora sopra voi, viscere amate.
 O dio! Trema la mano. Il piè s’arretra; (Va per aprire le cortine, poi si ritira)
1560si offusca il guardo. Io non ho cor.
 POLIFONTE
                                                               Non l’hai
 e sì fiera il vantasti?
 Orsù, già t’apro io stesso
 l’apparato letal. Da voi, messeni,
 sia il mio cenno ubbidito.
1565Mira. Epitide è quegli... Ahi! Son tradito. (Al cenno di Polifonte s’alzano le cortine e danno luogo alla vista del rimanente della sala)