Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 MEROPE
 
 MEROPE
1465È dolor, è furor ciò che m’ingombra?
 Dove, dove mi guida?
 Ombre, mostri, chi siete? A che venite?
 Polifonte. Ah tiranno!
 Anassandro. Ah spergiuro!
1470Che turba è quella? Intendo,
 ecco il velo funebre, ecco i ministri.
 Ecco la morte mia. Su, che si tarda?
 
    Il colpo che attendo,
 crudeli, affrettate,
1475piego il capo. Ferite; troncate.
 
 Sposo, figli, messeni,
 moro e moro innocente.
 
    Innocente! Un’empia sei,
 tu che il figlio hai trucidato.
 
1480Perdona, o caro figlio.
 Io credea vendicarti e t’ho svenato.
 
    Escimi tutto in lagrime,
 sangue che ancor dai vita al mio dolor.
 
 Toglietevi, o mie luci, al fiero oggetto,
1485più di morte crudel. Qual ferro è quello?
 In qual seno e’ si vibra? Trasimede,
 ferma. Quegli è mio figlio.
 Caro Epitide, o tanto
 già sospirato e pianto,
1490mio dolce amor, pur salvo
 e ti trovo e t’abbraccio.
 
    Figlio, figlio... Non rispondi?
 Vieni, vieni, ond’io ti baci.
 Perché fuggi? Perché taci?
 
1495O dio! Che mi lusingo?
 Apro al figlio le braccia e l’aure stringo.
 
    Ombra amorosa anch’io
 tosto ti seguirò
 là negli Elisi,
1500solo per abbracciarti,
 o figlio amato.
 
    Allor col pianto mio
 a te mostrar potrò
 ch’io non t’uccisi;
1505ma sol poté svenarti
 il crudo fato.