Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XVI
 
 POLIFONTE, TRASIMEDE, EPITIDE, LICISCO ed ANASSANDRO
 
 POLIFONTE
 Non si perdan momenti. Oggi s’affretti
 a Merope la morte
 e dal peggior secondo mostro indegno
1060purghisi omai della Messenia il regno.
 TRASIMEDE
 Signore, il regal sangue,
 onde Merope uscì...
 POLIFONTE
                                       Vani riguardi.
 Sia mia cura punir l’empio Anassandro
 e Merope la tua. Va’, scrivi, adempi
1065la capital sentenza; e se paventi
 d’esser giudice suo, paventa ancora
 il tuo giudice in me. Voglio che mora.
 TRASIMEDE
 Parto a ubbidir. (Regina sfortunata!) (Si parte)
 EPITIDE
 Ella a morir? Messeni,
1070una moglie real mal si condanna
 sull’accusa infedel d’un traditore.
 Nella morte di lei
 voi siete ingiusti e un traditor tu sei. (Si parte)
 LICISCO
 (O amore! O ardir! Seguo i suoi passi). (Si parte)
 ANASSANDRO
                                                                          (O dei!
1075Che vidi? Egli è pur desso).
 POLIFONTE
 Si perdoni a Cleon cotanto ardire. (Fa cenno alle guardie d’Anassandro che si ritirino)
 ANASSANDRO
 (Cleone? Egli è deluso).
 POLIFONTE
 Soli ora siamo; e posso
 dirti: «Amico fedel, per te re sono».
 ANASSANDRO
1080Ma sotto il piè non hai ben fermo il trono.
 POLIFONTE
 Merope estinta, onde temerne il crollo?
 ANASSANDRO
 D’Epitide dall’ira.
 POLIFONTE
 Può farmi guerra un nudo spirto? Un’ombra?
 ANASSANDRO
 Vive in Cleone il tuo maggior nimico.
1085Nell’etolica reggia, allor che occulto
 vi passai per tuo cenno,
 più volte il vidi e impresso
 restò quel volto entro l’idea.
 POLIFONTE
                                                     T’inganni.
 ANASSANDRO
 No, non m’inganno; è desso.
 POLIFONTE
1090Grand’insidie mi sveli e grande arcano.
 A te il regno dovea, debbo or la vita.
 Presto n’avrà tua fede,
 te ne assicura un re, degna mercede.
 ANASSANDRO
 Tal dal tuo amor la spero.
 POLIFONTE
                                                 Ancor per poco
1095soffri i tuoi ceppi. Olà, custodi. (S’avanzano le guardie)
                                                           In cieca
 stanza si chiuda l’empio.
 La sua pena ivi attenda, ivi il suo scempio.
 ANASSANDRO
 Morrò; ma di mie colpe
 la memoria vivrà. Grande e temuta
1100ombra sarò d’Averno;
 e avrò da’ gran delitti un nome eterno. (È condotto via dalle guardie)
 POLIFONTE
 Si liberi il mio cor d’un gran sospetto;
 poscia gli angui del crin scuota Megera
 e del tosco peggior sparga il mio petto.
 
1105   Nel mar così funesta
 non freme la tempesta
 né piomba tanto irato
 il fulmine dal ciel,
 come sarà crudel,
1110quanto sarà spietato
 il mio furor.
 
    Son tiranno; ma nel soglio
 esser voglio
 per politica un ingrato,
1115per cautela un traditor.
 
 Il fine dell’atto secondo