Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XV
 
 ANASSANDRO incatenato fra guardie e i detti
 
 ANASSANDRO
 Ove sono le scuri? Ove i ministri?
 Ove il palco di morte?
 L’ho meritata vil, l’attendo forte.
 TRASIMEDE
 L’avrai, fellon, l’avrai ma in più tormenti,
980in più pene divisa.
 Se la vuoi men crudel, qui t’apparecchia
 nulla a tacer, nulla a mentir del grave
 abbominando eccesso,
 consigliato da altrui, da te commesso.
 ANASSANDRO
985A che richieste? A che minacce? Io sono
 l’uccisor di Cresfonte e de’ suoi figli.
 Ecco il braccio, ecco il ferro. In brevi accenti,
 ecco il delitto, il testimon, la prova. (Gitta uno stilo nel mezzo)
 TRASIMEDE
 Non basta. Del misfatto
990si cerca il seduttor, non il ministro,
 non chi eseguì ma chi ordinò la colpa.
 ANASSANDRO
 A quel duro cimento eccomi giunto
 ch’io più temea. Spietato
 fui per esser fedel. Deh, questo vanto
995non mi si tolga in morte; e mi si lasci
 portare a Radamanto
 un mio solo delitto e il sol mio pianto.
 MEROPE
 No no, rompi cotesto
 silenzio contumace.
 ANASSANDRO
1000O dio!
 POLIFONTE
               Che tardi? A forza di tormenti
 parlerai, se persisti.
 ANASSANDRO
 Su via, si parli. Un traditor non mente,
 quando in morir teme il rimorso o il sente.
 Cadde Cresfonte e diede al colpo atroce
1005Merope...
 MEROPE
                     Ferma e prima
 fissa in Merope un guardo, un ne ricevi;
 e passi dal mio volto e dal mio sguardo
 entro l’anima tua, quantunque infame,
 una voce, un’idea che ti sgomenti.
1010Riconoscimi e poi
 che colpevole io sia, dillo, se puoi.
 ANASSANDRO
 (Ahi voce! Ahi vista! Instupidita è l’alma.
 Sudo, tremo vacillo, ardo ed agghiaccio).
 POLIFONTE
 Merope, non si teme,
1015da chi è innocente, accusator che parli;
 né al suo labbro s’insulta. E tu, Anassandro,
 che più tacer? Del giudice l’aspetto
 e non l’ira del reo sia tuo spavento.
 EPITIDE
 (Temo su quelle labbra il tradimento).
 ANASSANDRO
1020(Rimorsi, addio. Lice, se giova). Io manco,
 lo so, messeni, alla giurata fede.
 Pur questo debbo al vero
 sacrifizio funesto,
 prima che del mio fral sia sciolto il laccio.
1025Cadde Cresfonte; e diede
 Merope il cenno ed Anassandro il braccio.
 TRASIMEDE
 Merope il cenno?
 POLIFONTE
                                   (Eccomi in porto).
 EPITIDE
                                                                       O madre. (Vuole avanzarsi ed è trattenuto da Licisco)
 LICISCO
 Fermati e attendi.
 MEROPE
                                    Io diedi
 il comando sacrilego? Ove? Quando?
1030Come? Perché?
 ANASSANDRO
                                Regina, ah! fossi stato
 sordo a’ tuoi preghi. Io, servo,
 ubbidir ti dovea. Tu l’uscio apristi;
 tu l’ora, il letto, il seno
 segnasti, in cui le piaghe...
 POLIFONTE
1035Non più. Già sei convinta,
 perfida donna. La sentenza è data;
 Trasimede la scriva;
 la Messenia la segni.
 Vattene. Alla tua pena oggi t’appresta.
1040Al giusto la corona, al reo la testa. (Le guardie vanno a circondar Merope e Polifonte ripiglia la corona e lo scettro dal trono)
 MEROPE
 Ah scellerato! Ah traditor! Messeni,
 Licisco, Trasimede,
 è impostor chi m’accusa;
 è reo chi mi condanna. In me salvate
1045non la regina offesa,
 non la sposa tradita,
 non la madre dolente,
 l’infelice salvate e l’innocente.
 
    Un labbro, un cor non è
1050che parli o sia per me;
 e si lascia abbandonata
 l’innocenza in braccio a morte.
 
    Ma il morir non è il mio duolo;
 duolmi solo
1055il vedermi condannata
 empia madre e rea consorte. (Si parte seguitata dalle guardie)