Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 ANASSANDRO in catene fra guardie e detti
 
 ANASSANDRO
 Voi mi tradiste, inique stelle indegne.
 MEROPE
 Qual colpa han di tua pena
 gli astri innocenti? Al tuo fallir la devi.
 ANASSANDRO
825A me la debbo, è vero.
 Già ne sento l’orror; veggo i ministri;
 s’arruotano le scuri, ardon le fiamme.
 MEROPE
 Ma fiamme, scuri e orribili tormenti
 degne pene non fien del tuo delitto.
 ANASSANDRO
830Né uguali al mio rimorso. Errai, regina.
 MEROPE
 E reo del mio dolore
 perché farti? Perché? De’ miei custodi
 era duce Anassandro.
 ANASSANDRO
                                          Era tuo servo.
 TRASIMEDE
 Da lei beneficato.
 ANASSANDRO
                                   E tra i più cari.
 MEROPE
835E tu ingrato...
 ANASSANDRO
                            Sacrilego.
 MEROPE
                                                Tra l’ombre
 trafiggesti il mio re.
 ANASSANDRO
                                       Cresfonte uccisi.
 MEROPE
 Né sazio d’una morte e d’una colpa,
 svenasti i figli miei.
 ANASSANDRO
                                       Coppia innocente!
 TRASIMEDE
 Confessa il fallo. (A Merope)
 MEROPE
                                  Il perfido non mente. (A Trasimede)
 TRASIMEDE
840Or di’, chi tal fierezza
 ti consigliò?
 ANASSANDRO
                         Molto a dir resta; e molto
 resta a saper. Di pubblico delitto,
 pubblico sia il giudizio. Alla Messenia
 io ne debbo ragion.
 MEROPE
                                      Va’, Trasimede;
845tosto raduna e popoli e guerrieri;
 e nella rocca eccelsa
 costui ben custodisci, ond’ei non fugga
 la sua condegna capital sentenza;
 spavento della colpa
850e trofeo diverrà dell’innocenza.
 TRASIMEDE
 
    Vanne alla pena, o perfido.
 
 ANASSANDRO
 
 Perfido, è ver, cadrò,
 non cadrò solo.
 
    Nel mio cader trarrò
855qualche piacere almen
 dall’altrui duolo. (Si partono le guardie dietro ad Anassandro)