Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 POLIFONTE e MEROPE
 
 POLIFONTE
 Del cor d’Argia resti la cura a’ numi.
385Del tuo, bella regina,
 ragion ti chieggo. Ei per tua legge è mio,
 pegno della tua fede a me giurata,
 prezzo di mia costanza a te serbata.
 MEROPE
 Polifonte, a tuo merto
390tu ascrivi un lungo e sofferente amore,
 tal nol cred’io. Chi può soffrir due lustri
 che un lontano imeneo giunga e maturi,
 o nulla il brama o poco.
 POLIFONTE
 Tutto può tollerar cor che ben ama.
 MEROPE
395E se ben ama il tuo, due lustri ancora
 soffra d’indugio e poi sarò tua sposa.
 POLIFONTE
 Che due ne soffra ancora?
 MEROPE
                                                  E avrai più merto.
 POLIFONTE
 No, già son corsi i due. Tu gli hai prescritti;
 la legge è ferma; il giuramento è dato;
400né più negar né differir più lice
 a te per esser giusta e a me felice.
 MEROPE
 Polifonte, ti parli
 Merope più sincera.
 T’odio quant’odiar puossi
405un carnefice, un mostro, un parricida.
 Pria ch’esser tua, divelto
 sia da’ cardini il mondo, aprasi tutto
 in voragini il suol che ne sostiene,
 scenda in fulmini il ciel che ne ricopre,
410esca in abissi il mar che ne circonda.
 
    Quanti orrori aver può morte,
 quante furie aver Cocito,
 tutto tutto agli occhi miei
 men orribil sarà che tu non sei.
 
 POLIFONTE
415Merope, odiarmi tanto?
 Dell’amor mio tanto abusarti? E tanto
 della mia sofferenza? E in che t’offesi?
 MEROPE
 In che, mi chiedi? Il dica
 il rimorso al tuo core;
420e se pur giunto sei nelle tue colpe
 a non sentir rimorso,
 empio, tel dica il sangue
 de’ miei figli svenati,
 del mio sposo tradito.
 POLIFONTE
425Sì tradito, e da chi? Già m’arrossisco
 rinfacciarti una colpa
 che d’obbrobrio fatal copre il tuo nome;
 ma il perfido Anassandro era tuo servo.
 MEROPE
 Dillo ministro infame
430de’ tuoi consigli e di quel cieco orgoglio
 che ti spinse a salir sul non tuo soglio.
 POLIFONTE
 T’intendo pur, t’intendo.
 Polifonte qui regna; e perché regna,
 con odio e con orror Merope il fugge.
 MEROPE
435Non t’odio perché re. Mal mi conosci.
 Più giusto è l’odio mio. Basta. Ancor vive
 l’empio Anassandro; ancor mi resta un figlio;
 per me ancora v’è un Giove.
 POLIFONTE
 Ed al tuo Giove in faccia,
440al talamo verrai.
 MEROPE
                                 Dimmi al sepolcro.
 E verrò più tranquilla.
 POLIFONTE
 No no. Dell’odio tuo sien la gran pena
 gli sponsali giurati.
 Strascinata all’altar verrai costretta,
445più che dal mio comando,
 dal sacro tuo solenne giuramento.
 MEROPE
 (O giuramento! O Merope infelice!)
 Orsù, verrò, tiranno;
 ma senti qual verrò, senti qual devi
450attendermi consorte.
 Non il sacro imeneo, non la pudica
 Giuno né i casti coniugali numi
 uniranno a quell’ara i nostri cori.
 Voi tremende d’abisso
455implacabili furie e tu, funesta
 sanguinosa Discordia,
 odio, morte, terror, tutti v’invoco
 pronubi alle mie nozze. Ardan per voi
 sul letto profanato
460le sacrileghe faci;
 e voi di fiori invece,
 spargetelo di serpi e di ceraste,
 sinché pallido, esangue e tronco busto
 quel tiranno crudel per me si scerna
465dormir l’ultimo sonno in notte eterna.
 
    D’ira e di ferro armata,
 nemica e dispietata,
 al regio talamo
 ti seguirò.
 
470   L’odio, l’orror, lo scempio
 saranno i primi vezzi,
 con cui l’iniquo ed empio
 mio sposo incontrerò.