Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 TRASIMEDE e coro di messeni che portano in mano rami e corone di pioppo e, cingendo in ordinanza il trono e la statua, si prostrano in atto d’offerire i loro rami e le loro corone. EPITIDE in disparte
 
 CORO
 
    Su su, messeni,
25sospiri e preghi.
 
 EPITIDE
 Quai genti son coteste? E con qual rito
 cingono il regal seggio e il sacro altare?
 TRASIMEDE
 
    Sperar ci giova
 che il cielo irato
30alfin placato
 per noi si pieghi.
 
 EPITIDE
 Signor che al ricco ammanto, al nobil volto
 ben mostri eccelso grado e cor gentile,
 ond’è che per Messene
35suonan gemiti e strida? Ond’è che in atto
 di supplici e dolenti offron costoro
 que’ verdi rami? E al cielo
 fumo d’incensi e di sospiri ascende?
 TRASIMEDE
 Garzon che il quarto lustro
40non compi ancor, se mal non credo al guardo,
 qual sei, dimmi, onde vieni? A che sì strane
 spoglie vestir? Le dilicate membra
 perché d’ispida pelle
 e la tenera man perché s’aggrava
45di quel tronco nodoso?
 EPITIDE
 Tal è la sorte mia che non mi lice
 farla nota ad alcun, fuor che al re vostro.
 TRASIMEDE
 Il re dal tempio, ove adempiuti egli abbia
 i sacrifizi e i voti,
50qui verrà in breve. Or ti compiaccio.
 EPITIDE
                                                                    Ascolto.
 TRASIMEDE
 Undici volte oggi rinato è l’anno,
 da che ucciso fu il nostro
 buon re Cresfonte e due
 pargoletti suoi figli.
 EPITIDE
                                       Il caso acerbo
55tutta d’orrore empié la Grecia e d’ira;
 ma dell’autor non è ben certo il grido.
 TRASIMEDE
 Anassandro egli fu.
 EPITIDE
                                      Costui m’è ignoto.
 TRASIMEDE
 Della regina Merope era servo.
 EPITIDE
 Può cader tal delitto in moglie e madre?
 TRASIMEDE
60Per la credula plebe
 fama rea se ne sparse;
 ma il suo dolor, la sua virtù, nel core
 di chi meglio ragiona, assai l’assolve.
 EPITIDE
 Perché dall’uccisor non trarne il vero?
 TRASIMEDE
65L’ombre il tolsero al guardo e alla sua pena;
 né di lui più s’intese.
 EPITIDE
                                         Altro germoglio
 sopravvisse a Cresfonte?
 TRASIMEDE
 In Epitide vive
 degli Eraclidi il sangue e la speranza
70dell’afflitta Messenia.
 EPITIDE
 Come a lui perdonò l’empio omicida?
 TRASIMEDE
 L’esser lungi in Etolia,
 ostaggio al re Tideo, fu sua salvezza.
 EPITIDE
 Perché al vedovo trono
75non si chiamò l’erede?
 TRASIMEDE
 La sua tenera etade
 ne fu cagione e più il timor che anch’esso
 di ferro o di velen restasse ucciso.
 EPITIDE
 Ma de’ pubblici affari il grave peso
80cui si affidò?
 TRASIMEDE
                           Divise
 Merope e Polifonte i nostri voti.
 A lei nocque il sinistro
 sparso romor del parricidio. Eletto
 Polifonte rimase,
85degli Eraclidi anch’egli uom saggio e prode.
 EPITIDE
 (Sembianza di virtù spesso ha la frode).
 Né si pensò che un giorno
 richiamar si doveva il regal figlio?
 TRASIMEDE
 Sul crin di Polifonte è la corona
90un deposito sacro.
 All’erede ei la serba.
 EPITIDE
 Tanto modesta in Polifonte è l’alma?
 TRASIMEDE
 Gode Messenia in lui quel re cui pianse.
 EPITIDE
 Di che dunque si lagna ella che il gode?
 TRASIMEDE
95Sente dell’altrui fallo in sé la pena.
 EPITIDE
 Per qual destin?
 TRASIMEDE
                                 Distrutti
 da feroce cinghial sono i suoi campi.
 EPITIDE
 E il messenio valor teme un sol mostro?
 TRASIMEDE
 Che può mai contra i numi il valor nostro?
100Più volte armate schiere
 dissipò il fiero dente. Altra speranza
 non ci riman che il cielo. A lui ricorso
 fanno i pubblici voti.
 EPITIDE
 Sinché...
 TRASIMEDE
                   Già s’apre il tempio. (S’apre la porta del tempio)
 
105   Il re, messeni, il re.
 All’armi pronti, all’armi
 vi tenga amore e fé. (Trasimede entra nel tempio incontro a Polifonte)
 
 EPITIDE
 Nella gran turba io mi nascondo. Intanto
 penso a gran cose generoso e forte.
110Epitide, ecco il giorno. O regno o morte.