Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA XI
 
 MEROPE
 
 MEROPE
 Sei dolor, sei furor ciò che m’ingombri?
 Dove, dove mi guidi?
 Mostri, spettri, chi siete? A che venite?
 Polifonte. Ah tiranno!
1460Anassandro. Ah spergiuro!
 Che turba è quella? Intendo.
 Ecco il velo funebre. Ecco i ministri.
 Ecco la morte mia. Su, che si tarda?
 
    Il colpo che attendo,
1465crudeli, affrettate,
 piego il capo. Ferite. Troncate.
 
 Sposo, figli, messeni,
 moro, e moro innocente.
 
    Innocente! Un’empia sei,
1470tu che il figlio hai trucidato.
 
 Perdona, o caro figlio.
 Io credea vendicarti e t’ho svenato.
 
    Escimi tutto in lagrime,
 sangue che ancor dai vita al mio dolor.
 
1475Toglietevi, o mie luci, al fiero oggetto,
 più di morte crudel. Qual ferro è quello?
 In qual seno e’ si vibra? Trasimede,
 ferma. Quegli è mio figlio.
 Caro Epitide, o tanto
1480già sospirato e pianto,
 mio dolce amor, pur salvo
 e ti trovo e ti abbraccio.
 
    Figlio, figlio... Non rispondi?
 Vieni, vieni, ond’io ti baci.
1485Perché fuggi? Perché taci?
 
 O dio! Qual mi lusingo?
 Apro al figlio le braccia e l’aure stringo.
 
    Ombra amorosa anch’io
 tosto ti seguirò
1490là negli Elisi,
 solo per abbracciarti,
 o figlio amato.
 
    Alor col pianto mio
 a te mostrar potrò
1495ch’io non ti uccisi;
 ma sol poté svenarti
 il crudo fato.