Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA XVI
 
 POLIFONTE, TRASIMEDE, EPITIDE, LICISCO ed ANASSANDRO
 
 POLIFONTE
 Non si perdan momenti. Oggi si affretti
 a Merope la morte
1050e dal peggior secondo mostro indegno
 purghisi omai de la Messenia il regno.
 TRASIMEDE
 Signore, il regal sangue
 onde Merope uscì...
 POLIFONTE
                                       Vani riguardi.
 Sia mia cura punir l’empio Anassandro
1055e Merope la tua. Va’; scrivi, adempi
 la capital sentenza; e se paventi
 d’esser giudice suo, paventa ancora
 il tuo giudice in me. Voglio che mora.
 TRASIMEDE
 Parto a ubbidir. (Regina sfortunata!) (Parte)
 EPITIDE
1060Ella a morir? Messeni,
 una moglie real mal si condanna
 su l’accusa infedel di un traditore.
 Ne la morte di lei
 voi siete ingiusti e un traditor tu sei. (Parte)
 LICISCO
1065(O amore! O ardir! Sieguo i suoi passi). (Parte)
 ANASSANDRO
                                                                           (O dei!
 Che vidi? Egli è pur desso).
 POLIFONTE
 Si perdoni a Cleon cotanto ardire.
 ANASSANDRO
 (Cleone? Egli è deluso).
 POLIFONTE
 Soli ora siamo; e posso (Polifonte fa cenno alle guardie di Anassandro che si ritirino)
1070dirti: «Amico fedel, per te re sono».
 ANASSANDRO
 Ma sotto il piè non hai ben fermo il trono.
 POLIFONTE
 Merope estinta, onde temerne il crollo?
 ANASSANDRO
 D’Epitide da l’ira.
 POLIFONTE
 Può farmi guerra un nudo spirto? Un’ombra?
 ANASSANDRO
1075Vive in Cleone il tuo maggior nemico.
 Ne l’etolica reggia, alor che occulto
 vi passai per tuo cenno,
 più volte il vidi e impresso
 restò quel volto entro l’idea.
 POLIFONTE
                                                     T’inganni.
 ANASSANDRO
1080No, non m’inganno. È desso.
 POLIFONTE
 Grand’insidie mi sveli e grand’arcano.
 A te il regno dovea, debbo or la vita.
 Presto ne avrà tua fede,
 te ne assicura un re, degna mercede.
 ANASSANDRO
1085Tal dal tuo amor la spero.
 POLIFONTE
                                                 Ancor per poco
 soffri i tuoi ceppi. Olà, custodi. In cieca (Si avanzano le guardie)
 stanza si chiuda l’empio.
 La sua pena ivi attenda, ivi il suo scempio.
 ANASSANDRO
 Morrò; ma di mie colpe
1090la memoria vivrà. Grande e temuta
 ombra sarò d’Averno;
 e avrò da’ gran delitti un nome eterno. (È condotto via dalle guardie)
 POLIFONTE
 Si liberi il mio cor da un gran sospetto;
 poscia gli angui del crin scuota Megera
1095e del tosco peggior sparga il mio petto.
 
    Nel mar così funesta
 non freme la tempesta
 né piomba tanto irato
 il fulmine dal ciel,
1100come sarà crudel,
 quanto sarà spietato
 il mio furor.
 
    Son tiranno; ma nel soglio
 esser voglio
1105per politica un ingrato,
 per cautela un traditor.
 
 Fine dell’atto secondo