Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA IX
 
 ANASSANDRO in catene fra guardie e detti
 
 ANASSANDRO
 Voi mi tradiste, inique stelle indegne.
 MEROPE
 Qual colpa han di tua pena
815gli astri innocenti? Al tuo fallir la devi.
 ANASSANDRO
 A me la debbo, è vero.
 Già ne sento l’orror. Veggo i ministri,
 s’arruotano le scuri, ardon le fiamme.
 MEROPE
 Ma fiamme, scuri e orribili tormenti
820degne pene non fien del tuo delitto.
 ANASSANDRO
 Né uguali al mio rimorso. Errai, regina.
 MEROPE
 E reo del mio dolore
 perché farti? Perché? De’ miei custodi
 era duce Anassandro.
 ANASSANDRO
                                          Era tuo servo.
 TRASIMEDE
825Da lei beneficato...
 ANASSANDRO
                                     E tra’ più cari.
 MEROPE
 E tu ingrato...
 ANASSANDRO
                            Sacrilego...
 MEROPE
                                                  Tra l’ombre
 trafiggesti il mio re.
 ANASSANDRO
                                       Cresfonte uccisi.
 MEROPE
 Né sazio di una morte e di una colpa,
 svenasti i figli miei.
 ANASSANDRO
                                       Coppia innocente.
 TRASIMEDE
830Confessa il fallo. (A Merope)
 MEROPE
                                  Il perfido non mente. (A Trasimede)
 TRASIMEDE
 Or di’, chi tal fierezza
 ti consigliò?
 ANASSANDRO
                         Molto a dir resta; e molto
 resta a saper. Di pubblico delitto
 pubblico sia il giudizio. Alla Messenia
835io ne debbo ragion.
 MEROPE
                                      Va’, Trasimede.
 Tosto raduna e popoli e guerrieri;
 e nella rocca eccelsa
 costui ben custodisci, ond’ei non fugga.
 La sua condegna capital sentenza
840spavento de la colpa
 e trofeo diverrà de l’innocenza.
 TRASIMEDE
 
    Vanne a la pena, o perfido.
 
 ANASSANDRO
 
 Perfido, è ver, cadrò,
 non cadrò solo.
 
845   Nel mio cader trarrò
 qualche piacere almen
 da l’altrui duolo. (Partono le guardie dietro ad Anassandro)