Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA XII
 
 POLIFONTE e poi ANASSANDRO
 
 POLIFONTE
 Lasciatemi, o custodi, (Le guardie partono)
 perdasi ogni misura
 con chi perde ogni legge e si prevenga
 un insano furor. L’uscio è già chiuso. (Chiude l’uscio al di dentro)
470Ora ben t’avvedrai, femmina ingrata, (Presa una chiave, apre una porticella segreta)
 quanto possa un’offesa in cor reale.
 Olà, Anassandro. Epitide già estinto, (Affacciandosi all’uscio)
 Merope ancor si estingua.
 Anassandro.
 ANASSANDRO
                          La voce (Esce Anassandro dal gabinetto)
475del mio signor pur giunge
 a ferirmi l’udito.
 POLIFONTE
                                  E a trarti insieme
 da quel muto soggiorno
 a le braccia reali e al chiaro giorno. (Lo abbraccia)
 ANASSANDRO
 A quale alto tuo cenno ubbidir deggio?
480Tutto mi fia men grave
 di quest’ozio profondo, in cui sepolto
 tra rimorso e timor peno e sospiro.
 POLIFONTE
 Non è pena men fiera a Polifonte
 dover finger pietade, usar clemenza,
485quando il genio feroce
 non conosce altri dei che il suo potere
 e non ha per ragion che il suo volere.
 ANASSANDRO
 Con quest’arte tu regni.
 POLIFONTE
                                              Ed ecco il tempo
 ch’io ti chiami a goderne.
490Basta che tu vi assenta e che tu dia,
 fedele amico, il compimento a l’opra.
 ANASSANDRO
 Eccomi. Vuoi ch’io torni
 ne la reggia di Etolia e colà sveni,
 anche in braccio a Tideo,
495il mal guardato Epitide? Son pronto.
 POLIFONTE
 Morì già l’infelice e senza nostra
 colpa morì. Ciò che al tuo zelo io chiedo
 è più facile impresa. Esci in Itome.
 Soffri che tra catene
500ti rivegga Messenia.
 De la morte de’ figli e del marito
 accusa la regina; e attendi poi
 da la mano real di Polifonte
 e grandezze e tesori. Ancor del trono
505vieni a parte, se vuoi. Tutto è tuo dono.
 ANASSANDRO
 La regina accusar?
 POLIFONTE
                                     Sì. Qual rimorso?
 ANASSANDRO
 Quello che più risente un’alma ingrata.
 POLIFONTE
 In Merope riguarda
 la nemica comun.
 ANASSANDRO
                                   Ravviso in essa
510anche la mia regina.
 POLIFONTE
 Se n’hai pietà, la nostra morte è certa.
 ANASSANDRO
 E se l’accuso, io sono
 de’ viventi il più indegno e ’l più perverso.
 POLIFONTE
 Dopo il commesso parricidio enorme,
515la colpa ti spaventa? Il tardo orrore...
 ANASSANDRO
 Mio re, non più. Si serva
 a la nostra salvezza e a la tua sorte.
 Merope accuserò.
 POLIFONTE
                                   Caro Anassandro,
 de la grandezza mia fido sostegno,
520per te dir posso: «È mio lo scettro e ’l regno».
 
    Penso e non ho mercede
 né degna di tua fede
 né pari al mio voler.
 
    Se in me trovi ingrato il core,
525nol dir colpa de l’amore
 ma difetto del poter.