Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA XI
 
 MEROPE e POLIFONTE
 
 POLIFONTE
385Del cor d’Argia resti la cura a’ numi.
 Del tuo, bella regina,
 ragion ti chiedo. Ei per tua legge è mio,
 regno de la tua fede a me giurata,
 prezzo di mia costanza a te serbata.
 MEROPE
390Polifonte, a tuo merto
 tu ascrivi un lungo e sofferente amore,
 tal nol cred’io. Chi può soffrir due lustri
 che un lontano imeneo giunga e maturi,
 o nulla il brama o poco.
 POLIFONTE
395Tutto può tolerar cor che ben ama.
 MEROPE
 E se ben ama il tuo, due lustri ancora
 soffra d’indugio e poi sarò tua sposa.
 POLIFONTE
 Che due ne soffra ancora?
 MEROPE
                                                  E avrai più merto.
 POLIFONTE
 No, già son corsi i due. Tu gli hai prescritti.
400La legge è ferma. Il giuramento è dato.
 Né più negar né diferir più lice
 a te per esser giusta e a me felice.
 MEROPE
 Polifonte, ti parli
 Merope più sincera.
405T’odio quant’odiar puossi
 un carnefice, un mostro, un parricida.
 POLIFONTE
 Merope, odiarmi tanto?
 De l’amor mio tanto abusarti? E tanto
 de la mia sofferenza? E in che t’offesi?
 MEROPE
410In che, mi chiedi? Il dica
 il rimorso al tuo core;
 e se pur giunto sei ne le tue colpe
 a non sentir rimorso,
 empio, tel dica il sangue
415de’ miei figli svenati,
 del mio sposo tradito.
 POLIFONTE
 Sì tradito, e da chi? Già m’arrossisco
 rinfacciarti una colpa
 che d’obbrobrio fatal sparge il tuo nome;
420ma il perfido Anassandro era tuo servo.
 MEROPE
 Dillo ministro infame
 de’ tuoi consigli e di quel cieco orgoglio
 che ti spinse a salir sul non tuo soglio.
 POLIFONTE
 T’intendo pur, t’intendo.
425Polifonte qui regna; e perché regna,
 con odio e con orror Merope il fugge.
 MEROPE
 Non t’odio perché re. Mal mi conosci.
 Più giusto è l’odio mio. Basta. Ancor vive
 l’empio Anassandro. Ancor mi resta un figlio.
430Per me ancora v’è un Giove.
 POLIFONTE
 Ed al tuo Giove in faccia,
 al talamo verrai.
 MEROPE
                                 Dimmi al sepolcro
 e verrò più tranquilla.
 POLIFONTE
 No no. De l’odio tuo sien la gran pena
435gli sponsali giurati.
 Strascinata a l’altar verrai costretta,
 più che dal mio comando,
 dal sacro tuo solenne giuramento.
 MEROPE
 (O giuramento! O Merope infelice!)
440Orsù, verrò, tiranno;
 ma senti qual verrò, senti qual devi
 attendermi consorte.
 Non il sacro imeneo, non la pudica
 Giuno né i casti coniugali numi
445uniranno a quell’ara i nostri cori.
 Voi tremende d’abisso
 implacabili furie e tu, funesta
 sanguinosa Discordia,
 odio, morte, terror, tutti v’invoco
450pronubi a le mie nozze. Ardan per voi
 sul letto profanato
 le sacrileghe faci;
 e voi di fiori invece
 spargetelo di serpi e di ceraste,
455sinché pallido, esangue e tronco busto
 quel tiranno crudel per me si scerna
 dormir l’ultimo sonno in notte eterna.
 
    D’ira e di ferro armata,
 nemica e dispietata
460al regio talamo
 ti seguirò.
 
    L’odio, l’orror, lo scempio
 saranno i primi vezzi
 con cui l’iniquo ed empio
465mio sposo incontrerò.